Francesco Marotta - Il Verbo Dei Silenzi

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FRANCESCO MAROTTAIL VERBO DEI SILENZI2

La Biblioteca di Rebstein (XXIII)Francesco MAROTTA3

EDIZIONI DEL LEONEPrima edizione 1991Collana “I Piombi”4

Alla memoria di mio padre.5

IL VERBO DEI SILENZIEs wird noch ein Aug sein,en fremdes, nebendem unsern: stummunter steinernem Lid.Paul Celan6

Agito l’acqua degli stagni.Spezzo l’immagine riflessa.Il giorno ricominciadove l’onda persa si fa cielo.Terra rovesciata da un sasso.Sussurri in un verbo ignoto.7

LA COMUNIONE DEL SILENZIOIl Silenzio ci ridona a noi stessi.Nudi come la risaccao una pietra.Sigillo alle nostre voci di ieri.8

IAvere ancora sillabe– semi oltre l’inverno –per il commiato della propria voce.Frammenti d’ariain cui la terra riconosce l’alberoil solcoil fuoco di una piaga.Riflessi come in un occhiosbarratodentro la sua dimora.Avanzo.Un rivolo tra sentieridove la pioggia si abbattesenza un grido.Verso lo specchio dei giorniche il respiro infiamma.La lingua muta.Un verbo che impone la memoriastretto dentro il pugno.9

IIPrecipizi di stradedove approdano luci di stellemai nate.La notte non frapponepiù muratra ombra e sole.Cancellata la linguache con voci di cretatende reti di nomiai suoi ospiti muti– la lingua che numerae nel suo vuoto trascinail prodigio di ciò che rimane.Come un miraggio svanitolascia spazio a etàdi silenzio– al tempo della terrache non appareal suo volto dove le stagioniscintillanocon spine rovesciate.10

IIISapere se i mortiabitano il profumo delle ginestre.Restituiti al tempo dell’attesa.A geometrie di oresconosciute.Più vicini al coloredegli occhidel ricordo che confusamentepermane.Trame di lucedietro icone d’ombragermogliate dal pollinedi margini sottratti.Il cammino che ci divideè lo spazio esatto di una fiammache arde oggicon un diverso nome.A ogni passole pietre rivelanoil sortilegio dell’altroche ci dimora.11

IVIl sole che fa polvere le fontiin spoglie ipotesidi pietranon franerà la memoria delle acqueche un tempo vi hai vistodimorare.Si eclissano in immagini- in fantasmi di sete perché l’occhio anneghi il desertodi impossibili fiori.Sono scrigni di linfeda cui ciò che vivefu sottratto.E vi fermenta.Come grida di luceche della luce vegliano l’esilioin fondo ai nostri sguardi.12

VL’aria senza voce degli autunni.Curva come l’eco di una lacrimache cerca antenatinella pioggia.Eco di maree disabitate.Alfabeto di un altrovesenza ritorno. La terra dileguafra le torbe di un miraggio.Calco argilloso – specchio.Vanescente legamedi uomini senza mondo.Il cielo inventa la sua mano.Ritesse soli assentidai lineamenti delle cose morte.Cristalli di lucein una lingua ignota.Il respiro del prossimo equinozio.13

VIIn ogni manonell’albero disabitatodove si specchia la setenel tempo che si fa pietranella pietra che serbaaltre memorieè disegnato il cammino di un fiumeun mare più sottile– il suo sguardo di cristallo.Non rimane ai giorniper traversare questo confineoscuroche la rotta di una feritala scia del silenzioche ci svela.Brandita come un lumeper lapidarel’azzurro.14

VIISilenzio– alfabeto dolente del pensiero.L’amaro ritodi ritornare dai mattinisempre buio.Coniugato d’ombre.L’attesa che fa sognareun albero diveltodi rinascerepartorito dal fuoco.Per esorcizzare le notti.(La morte dagli occhi vocianticonsacra l’universoa una foglia resa mutadei suoi venti.Stupefatta del nullache la circondain forma di cielo.)15

ALFABETI DELL’OMBRASostenuti da vampate di terra.Immersi nei suoi fuochisenza più riverberi.Colmi di cielodove le voci si abbraccianolacerate.16

ITra una sillaba e il vuoto.Voci arenate sulla sogliadove l’orizzonte cedeil passoall’ombra.Acqueal limitare dei deserti.Ricomporre a ritrosogli echi di sabbiadel passaggio.E nella pietra – nel silenzioesistere.Le parole servonocome l’alba a una rosaper serrare la luce.E poi immergersinella purezza del gelo.17

IIOgnuno modella la selcedei suoi giorni.A immagine di alfabeti senza labbrale scheggeche franano il respiro.Avvampa la mano– raccolto il ventoindivisibiledi un seme.Impaziente di paroleguida il gestoa inventare cieli nell’argilla.Proseguire con un pugno di cenere.In bocca un verboche la notte attraversaalla sommità di un grido.18

IIIUn altro giorno.La pietra che era già statacarne e vocefuoco e labbrarinnoverà i suoi accenti.L’alfabeto delle stagioniabita il suo occhiodi saleil volto che domani ci somigliache torna dopo noinelle voci rinatecome la sete da memoried’acqua.Radici emergono dal lampoche rischiara i solchilungo gli anni.L’erba fiorirà nel palmoil fuoco segretoche ci consuma.19

IVIl tempo è parolache si logora.Respiro.Alimenta quanto di noil’aria trascina appeso agli occhi.E’ un riflessoil vuoto che il silenzio dipingesulla pelle.La mappa di un cielosepolto senza scopo. La voce che anima l’ombra.Ammutolita come il giornoche si rinnova sui nostri passi.Sostanza di paroleche mostrano la seteal lampo che le ha raggelatein bocca.Pietrificate in volo.Senza vedere il cielo dilatarsi.E il vento precipitare stelle– schegge di cenereche respirano accenti di rogo.20

VAbitare la voce.Portando nella carneil desiderio degli spaziche la lingua attraversasenza parole.Ma le strade non approdano maidove la lingua scoprela sorgente delle ore.E la parola rimaneil nostro unico sentiero.La parola che nomina e incastrain quadranti irrisoltiche grida la polvereil silenzio che è oggiquella purezzanelle nostre pupille assetate.21

VICi sono crepuscoliimmobili.Racchiusi in cristallidi respiro.Qualcuno vi ha sostatocostretto dal pesodi un cieloche preme contro il viso.Un mare somigliadomato dalla lunal’aria seminata di corpi– fuochi dai quali emergee in cui si infrangel’ombra degli assenti.Consumano di sé la chiaritàtutta la febbredi stelle bevute dal mattinola carne che si scioglienel grembo di giornisenza passato né domani– la voce.Volti scolpitidi un migrare vano.22

VIINaufraghi.Dentro un grumo di tempo.Marea di invisibili inchiostri.Con la notte che inciampanegli occhie regge l’oradi lumi già spenti.- echi di assenzalungo rotte annegate di sale.Vasto ci accoglie– i giorni levaticontro noi come rupi –il porto dove l’onda fioriscesteli in muraturacarità di veleincendiate.Solo le ombre– spighe di sabbiaa balze diseguali –mute germoglianodal transito degli annicorolle di pietra.Sillabe avide di vento.23

La memoria che sanguinadi fiori recisi.24

ORFEO COPERTO DI SABBIAEcco – diremo – è questotaglio di ferita infetta la memoria.E’ dare un volto alla morte.Un nome all’ombra.Alla pupilla assente che ci scrutadagli specchi murati dentro un grido.25

ITempo dilazionato – a schegge.S’avanza sulle labbrala parola che gemenei segni che hai lasciato.Tuconsapevole di spazifebbrilmente bianchistrappi dal corpo vivodelle orela spina di saledei tuoi anni.Curvo semini stelledocilia ogni luce.Grida le hanno piagate.Fitte d’ombra.(Inebriata da retidi assenzaprecipita la parolanel vuoto di inchiostrisenza traccia.Disegna i confini del voltocon la luce26

rovesciatadel ritorno.)27

IIHo corso da soloil tempo dei volti che trascino.Nel vento che esistedove nulla di megrida ancora alla fontedel suo respiro.Straripato.A inondare il desertoche si annuncianegli occhi assetati della mia mano.Il vento.E questo cielo.Artefice e specchiodella lontananza.E le stelle. Le pietre.Labbra vagantiper pianure senz’acqua.28

IIIQueste dimore.Dove la luce senza piùorizzontinon crolla.Le strade dietro i vetrile immagini oblique.Separate dall’ombra.E le notti già respirateda albe innaturali– dalla luce violentadei tuoi roghi di ghiaccio.E’ meno lontana da noi- la morte di queste vite che rosseggianocome soli inconsapevolisu paesaggi di erbeaccecate.Alberi finti alle pareti.Saziano la pupillairrorata dal grido di fiumimorenti.29

IVLa certezza– soltanto per un fiore.Che nulla rovesceràla traccia del suo alfabeto.La voce del suo volodentro la tramaroventedell’aria.Vorremmo fermare il baglioredel suo silenzio.E avere petali. Ali.Mappe dove è segnatala rotta del nostro migraredentro i giorni.Anche recisi.Dilaniati.Vorremmo la nottepurificasse il voltodel cielo che non ci vedràdomani.30

VCresciuta fino all’azzurrola spiga.Un lampo nell’arialevigata.Ingigantisce alla lunariemersa da un uraganodove la vita ha la purezzadi una ferita.Come il sortilegio di un lume.Il cielo si rinnovaad ogni volospecchiandosi nell’alveodispersodelle sue labbra.Imprigionato dall’occhiosi decomponein scheggeche recano l’improntadi un’assenza.(Acceso il fuoco dell’estateil giorno si fa immenso.Nessun confinedisseta il nostro sguardo.)31

VISul foglio biancoche l’inchiostro riveste di segnisillabe immobilivegliano il tempo superstite.Il tempo addensato nel suo chiarore.Lo sguardo naufragatra frammenti d’ombra.Anima gusci vuoti di parole.Ostacolato e vintodalla distesa che abbraccia.Dalla ferita che tagliail respirodove la mano affonda nella luce.Accenti incerti di memoriaraccontano l’albaalla pagina alterata– un muro ardenteche colma le distanzee ci lascia nei vuoti del ventovivere come semi arenatia un passo dalle zolle.Un gusto sabbioso – di assenzamuove le labbrapiù lontano.32

I giorni trattenuti da una pietraprima che la mareali dissolva.33

VIILastricata di arbustil’alba che la mano non colse.Iscritta nell’orbitadi una pupilla strinatadi sete.Non attardartise anche il cielo sa di specchiin frantumie la tua ombraè radice che vola.Coperto di sabbiaraccogli quanto affioradalle maree del tuo ultimo grido.Una spina.La non vulnerabile foglia. Una foglia – controluce.Tessitrice di sorgentinell’ombra.Guardala.Sa mutare in semela cifra del suo silenzio34

– il suo disgelo.Per sigillare l’immagine più pura– in un fiore –dove non si sarebbe fermatache un giorno.35

TROPICO DELL’ASSENZAI bagliori del mattino.Luce estranea alla parola.Il sole ci segue fino al grido.Raccoglie di noi quanto muta.Non pietra né sanguema di entrambi l’unico nome.Fuoco taciutoche il suo silenzio contiene.36

IIl tempo che ci riportaverso l’ombrainaccessibile.Al paese natale.Sulla sua stradadove non corre il giornosolo la pietraè luce.Fuoco dissoltoalla sommità dei passi.Se fosse nevel’immobilitàdove matura un voloe le ali fiori di ghiaccioil nostro corpo di terrae ventomisurerebbela profondità dell’aria.L’assenza dove il respironon si perde.Si fa alba.37

IICome pioggia che ristagna– che ancora vivee si moltiplicanell’umidore dei muri.Ho disegnato primaverein poche righe.Un fuoco che traversassel’intera nottefin dove l’ariaesplode dall’ultima onda.La terra respiravalontano.Tra i solchi di stradeche non conosco.La terra che carezzavala sua pupillarinata.Precipitatanella calura remotadelle pietre.38

IIISe non ci fossero nuvolead accendere le messio pietreche conservano il voltodegli alberi nelle notti.Se non ci fosse altra stradaoltre questa dimorache ci ammassa negli angoli– perché la nostra vocefiammeggi contro il buioprima di cadere –sapremmo trovarenella terra che ci precedee ci segueil canto che sale verso il giornosulle cui noteil fuoco del vento si tace?Forse scavando nel suolodove la vitagemmatapenetra fino alle radici.Verso la linfa che la sostiene.E il nostro fiore non sarebbeinvano.39

IVL’assenza che penetra l’ombra.Uno squarcio nel cielodove la memoriabevuta dai giornisi riversa.Ci sono acqueche hanno il chiarore della polvere.Lasciano la terradimorarela resa delle sue strade.E noi qui.Accanto alla fontea vegliare cantidi fuochi dissolti.Con mani che il ventotrattenuto sul foglionel silenzio avvampa.40

VCoprire gli occhi con la mano.Per selciare le rotte del soledi frantumi.Il giorno ora illeggibile– incastrato nel palmo.Lo dimora la notte– più a fondodove il ventonel suo vociante esilionon approda.(Né ramifica ombrea intrecciare finzioni d’aurora– arabeschi di un mondoche basta una parolaa lacerare.)Un giorno senza nasceree morire.Fiorito senza un gridonell’attimo in cui la lucesi cancella.41

Diventano le pietretantispecchidi un solo giorno esplosoin schegge di silenziolungo il viso– in petali di vocesenza suono.In ogni stelo– nel masso che alla calcesi rifiutae al fuoco dura –dormono acque assentidi una lingua che nessun nomeaccoglie.Rigonfia di ogni voceche senza paroleascolta.42

VIParole. Dimorano la nottedelle mie labbra. Ne esploroi sentieri.Le reti.Esplose in rivoli di scheggeper fingerela luce.E’ una trama ardenteanche l’alba.Che avanza tra sillabe e vuotola sua presenza di deserto.Io nascondo il mio nome.Abbraccio l’ombraremotadei giorni dove non sono stato.43

CRISTALLI DI RESPIRO(Frammenti)“Quelle parole a surgi près de moi?Quel cri se fait sur une bouche absente?”44

Ad ogni alba il giornotira a sorte la stradadove trascinerà il suo canto.Ogni altro sentiero è fonte inespressa.La morte vi attinge le sue sabbie.Madre del dono silenzioso della sete.45

NELLA LUCE ASSENTENunc extinguitur vox et arborum lumen.Nihil absente concipitur lumine.46

Mutati in memorie d’alberi(anche l’ultima luce diradain arabeschi d’ombrasui nostri volti spariti al giorno)dimoriamo un tempo che agitacadenze di feritaflorescenze di vociappassite sul confine della sera.Qui le stagioni avvampanoin pozzanghere di torbacome lingue sabbiose senza futuroe a nulla serve chiamarle ancoracon nomi smessi di pollini o mareefingere cronache di equinozioin voli disegnati dalla cenere.Sono già pietre e arsura.Nessuna immagine mette più radiciin terre di occhi disabitati.47

Laguna di fogliesbrinate per annegare negli occhi.Luce che si scuotenel vetro franto di specchi senza volto.E’ primavera anche questaprateria di cementoche strappa un grido alla gemma rinatae accende le stradeall’aroma innaturale dell’attesa.Un deserto profumatoschiarito per la liturgia del vuoto.48

Liberata dal gelo delle nostre manila terra fiorisce in un rovolacrime mutate in sillabe di spumaechi di un mondo intravistocon pupille di radici.I suoi occhi navigano profili d’acqua.Sorpresi come gabbianial rompere dell’alba.49

Alberi d’asfaltoassorti in un migrare di canali.Costeggiano luci di pietra.Dimore votate alla sabbiadove gli uccelli si ammassanoin presagi d’acqua.Schegge di lingue tagliatenel cielo sepolto da un coroche si spegneda un presente di strade notturnesenza storia.A questa piaga di liquidi inermicorre la sete dei giorniin lampi di alfabeto rovesciato.50

Di tanti giorni fuoco rimane.Sabbia.Approdo di corpi accampatinelle penombre impossibilidi stelle che si succedonoche in noi si infrangono– nella luce assenteche la memoria respiradilatando spazi di frammentialimentando schegge di parole.Con ritagli di volti nella vocegridiamo contro cieli lapidati.51

Non maturano stagionisu strade rischiarate di feritein questa luce di occhi mutilatiperduti nel sonno di isole profonde.Solo notti che annotano memoriein registri di catrameaccenti immensi da reggereper una lingua che ha smarritol’antica sapienza di crearedi dare un nomeconiugare un fiore.La parola che si iridavacome una gemma a rimembranze d’acquaguizza oggi arida di polvereconsumata dai sogni di una fiamma.Trasparenze d’incendionella sua danza immobile di ramoche si protende verso fiumi vuoti.52

Radici in precario equilibriodolenti come un profumodi cui ignoriamo la fonte.Così nel tempo le nostre voci al passo(ormai del tutto spoglietrasparentimute)si allontanano da noi e ci dimorano.Fedeli come ondecontro la rena che eternamente migra.Varchiamo sogliecome chi salpa verso la sua ombra.Gli anni segnati per misurare il vento.Inconsapevoli ponti sull’abisso.Sui nostri voltinemmeno le maschere riposano.53

Strade seminate di pietre.Mappe immutabili di voci naufragate.Rende muto il labbrola pupilla arata da visioni di abbandono.Vi leggeremo il cammino di un dono.La terra che si risvegliaesercitata alla libertà di un grido.54

Preludio di ginestrenel lampo giallo in pollini di ventoche inonda le sabbiecon le ombre solitarie del suo canto.Il suono si dilata(cristalli di respiro in mille voci)e l’erta riarsa si fa terra e radicigranito dissoltoin trasparenze d’acqua.Nel seme che naviga i desertic’è un abbraccio di neveun sogno remoto di sorgentidelirate all’infinito.E sarà un fioreintrecciato in grappoli di lucesenza fondouna speranza colma di memoriail suo occhio che cresceoltre l’età del nostro grido.Soglia rivolta a lontananze estremedove l’orizzonte straripastelle necessarie all’esistere.55

TRA PUPILLA E LINGUAIl giorno trascorre negli occhile sue ore in fiamme.Muto groviglio in maschere di carne.Rito che polvere d’incendio solidificadove ferita a sangue la parola cede.Non si fa memoria.56

Erosa da infinità di fuocola pietra che canto.Soglia dove si addensa un grido.Alfabeti franati l’alba raccoglienei suoi silenzi di luce.Segni di febbresull’unico specchio scampatoall’incendio del buio.La memoria talvolta si illuminadi queste fragili vocigemmate da un vagare di sabbia.57

Parole di salesulla pietra silenziosa dei giorni.Un canto che muove la risaccatra onde seminate di spume.Tra chiarori incerti.Qui dove un versoè quanto del tempo viveall’insaputa del buio(un fiore di albe bruciateplasmato nella creta di echiassenti)inventare lumi di condanna.La fiamma è voce in cerca di dimora.Oscuro accento che curva le mappedi rotte indecifrabili.58

Colori di sillabeincrinate da risacche di vento.Anche il mare si nutre di fioriture assenti.Ritorna al luogo d’originel’onda che sussurrapietrificata nell’ecocome fiamma di voli ormai spenti.La parola è aria indurita nei fondali.59

Schegge di vitanei libri bruciati.Spargo semi di cenere al suoloper avere occhi che sentono.Labbra che vedono.A ombre appena calateritirerò le mani dal fuoco.60

Febbre sottile della metamorfosi.Accesa sul confineche tra pupilla e linguaricorda l’età corrosaramificata in circoli di fiamma.Il lampo è sorgente di ferita.Parola che si oscurase nominando il mondoalle cose rivelateha già bruciato il volto più segreto.61

Il tempo dove dimorano gridaè costellato di luciassediate di silenzio.In quel grumo di lampi tormentatidi stelle erranti per orbite ignotecostringi gli occhia colmare l’aria usurpataaffinché si spandanoa predare di immaginila bianca superficie della morte.62

Rovi di fuocoa macerare resine acquosedi pupille.Il giorno equinozialesi leva nell’orbita delle formiche alate.Avolge nel marmo di una calura assente(schegge di memoriaa cementare pietra su pietra)le lune opalescentiferme nel portico dei nostri sguardi.Negata alle labbra la parolache renda l’ombra specchioper intrecciare lumiper svelare gli orizzontidove precipita la notte– dove dio è una sillabaesplosa dal silenzio.63

Una sera diversa.Acceso come un sito di speranzail lume sepoltonelle dimore del cuore.Aspetto che la sua ombra anneghinei segreti di una fogliai bagliori del mio rogosenza luce.Domani non avrò parole nella voce.Dissolti in ceneregli accenti che guidano i miei anninella notte che non mi riconosce.Domani sarà di spine come il rovola mia lingua.Perché sanguinante rinnovil’afrore mai sopitodei mancati giorni.64

Alba che gridi il semedi luci innominate (che brucianolasciano profumi di mareaa maturare in golaore inattese di parole mutealfabeti d’ombra).Nel tuo verde spazio siamo vivi.Lacrime di ventosciamanti sugli orli di un abisso.65

Il mare sconfinato.La sua ombra saziata da una velarotola lentaverso le dune del giorno.E’ l’arsura il cammino più chiaro.Scivolare di soglia in soglianel quieto esilio di danze lunarie con occhi di onda e di lucefatti più vivi passaresenza memoria.66

Parla con voce d’alba l’acquanelle dimore dei morti.Niente più di un ricordola sua lingua disertata di doni– solo ombre intrecciate di luci profondeprismi di stagioni accecate– solo un arco sonoroche ha lune d’argilla da specchiaresopra future piaghe.Questo tempo è anima di tramonto.Pozza palustre dimorata dai lampi.Cresciuta su una sorgenteper la benedizione delle pietre.67

Raccontare le pietre.Raccogliere le sillabe perdutea cui lo sguardo accedequando chiedi all’auroraquali s

IL VERBO DEI SILENZI . 3 La Biblioteca di Rebstein (XXIII) Francesco MAROTTA . 4 EDIZIONI DEL LEONE Prima edizione 1991 Collana “I Piombi” 5 Alla memoria di mio padre. 6 IL VERBO DEI SILENZI Es wird noch ein Aug sein,

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