RICERCA Neuroscienze Ed Educazione: Il Ruolo Delle Emozioni

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Neuroscienze ed educazione:il ruolo delle emozionidi Silvia Cattaneo, PhD, Assegnista Researcher Unit of Neuroscience - Docente a contrattoUniversità Cattolica di Milano, Docente SSIG - SSIIGI contributi delle neuroscienze, come visto nell’articolo di novembre, forniscono chiavi di lettura capaci di tenere contodi tutte le variabili e le situazioni (“la complessità” che abbiamo nelle nostre classi) e allo stesso tempo di ciascunalunno, di ciascun cervello. Questo significa collegare la sapienza, le basi epistemologiche, le teorie e le pratiche pedagogiche del passato e attuali con la possibilità di garantire azioni per l’oggi e prevederne per il futuro. Significacollegare la scuola con il reale, senza gap di conoscenze e possibilità. È più che mai indispensabile oggi adottare unavisone olistica. Si tratta della seconda e ultima puntata sul tema, dedicata al rapporto tra emozioni e cognizione, allaluce della ricerca neuroscientifica, a partire dal tema dei neuroni specchio.Numerosi sono gli studi che dimostrano come tra il bambinoe gli adulti con cui si relaziona,e le esperienze precoci, in granparte di tipo emozionale, siano in grado non solo di sviluppare le capacità cognitive, ma– attenzione! – anche di fungere da regolatori di ormoni cheinfluenzano in modo diretto latrascrizione genica, facendo sìche alcuni geni si possano esprimere e altri invece siano “silenziati”. D’altro canto è stato anche dimostrato che l’assenza diesperienze o la carenza di cureeducative affettive possono esercitare effetti negativi sui contattitra le cellule nervose, le sinapsi,sui circuiti neurali, riducendone funzioni e complessità. L’educazione dà quindi forma alcervello: un concetto non certo nuovo, l’avevano già descritto bene i filosofi greci, ma cheoggi si basa su risultati empirici dimostrati in laboratorio dalleneuroscienze.Prima di concentrarci sul temadelle emozioni, riprendiamodue concetti importanti.n. 4 – dicembre 2018Il primo è quello della plasticità neuronale. La struttura fisica del cervello non dipende soltanto da un programma genico,strettamente determinato, maanche dal fatto che l’esperienzafavorisca o meno lo stabilirsi dinuove connessioni neuronali, laproduzione di mediatori nervosie di principi trofici come il fattore di crescita del sistema nervoso(NGF), che facilita la trasmissione dell’informazione, l’efficienza dei circuiti neurali, quindil’attivazione di funzioni cognitive, ovvero l’apprendimento.Il secondo, più che un concetto, è una constatazione: oggisappiamo molto di più sullo sviluppo cerebrale. Le tecniche dineuroimaging (come la PET o larisonanza magnetica) ci hannofornito in questi ultimi anni unquadro del cervello e della mente molto diverso rispetto a ciòche si riteneva in passato. Oggisappiamo come maturano le varie aree cerebrali, come si pongono in relazione tra loro e come gli stimoli – sensoriali, motori e culturali – agiscono sulla25corteccia cerebrale rendendolapiù o meno efficiente. Il cervello incomincia la sua evoluzionegià nel grembo materno, quando l’embrione ha circa 16 giornidi vita, a partire da una struttura chiamata tubo neurale. Durante la quarta settimana i neuroni si riproducono a un ritmospaventoso: 250.000 al minuto.Alla fine della 24ª settimana ilcervello può già contare su undiscreto carico di neuroni; nelbambino, una volta nato e finoai due anni di vita, si registrano picchi di 2 milioni di sinapsinuove al secondo: 100 migliaiadi miliardi, il doppio di quelle diun adulto! (fig. 1).Com’è possibile che in questafase non si formi un marasma difili intrecciati, di legami scambiati? Ogni neurone sa perfettamente con quali altri stabiliràle sinapsi: c’è un elenco predefinito, secondo la specializzazione di ogni neurone. Quindi, finoa due anni di età, nella testa diun bambino esistono molte piùsinapsi di quante ce ne saranno in futuro: i legami destinatieas

a sopravvivere durante questoperiodo saranno quelli stimolati di più e ripetutamente. Quelli che non vengono attivati, saranno eliminati. Gli scienziatichiamano questa eliminazionedi legami “potatura sinaptica”,esattamente come se un giardiniere potasse l’albero per farlo crescere forte e con una certachioma. È un processo che dura fino all’adolescenza, è naturale, ma, per un docente dellascuola dell’infanzia, della scuola primaria e della scuola media, è fondamentale conoscerlo: ciò che non viene coltivato,viene spazzato via. Il cervello sispecializza, così da funzionarein modo più rapido ed efficiente. La stima è che circa il 50%dei legami sinaptici esistenti adue anni venga eliminato entro idieci anni. Questo ci dà qualchesuggerimento sul cervello adulto che diventa un cervello maggiormente concentrato, specia-lizzato, pronto a imparare cosenuove, ma che è anche un cervello che può aver perso determinate capacità di autoregolarsio autoriformarsi.Nel corso del suo sviluppo, ilcervello ha bisogno di fare esperienze tattili e motorie perché sisviluppino le aree che rappresentano il punto di partenza perla maturazione delle aree superiori: quelle del linguaggio e delpensiero complesso: ecco la pedagogia del corpo. Il rapportotra sensi e motricità è quindi alcentro di numerosi aspetti della neuro-pedagogia, focalizzati sul fatto che la mente infantile è concreta, basata sull’interazione diretta, procede per unaserie di tentativi, alcuni proposti dal bambino e non prefigurati da programmi innati, altri innati, preordinati geneticamente. Queste caratteristichedella mente infantile furono descritte già da Maria Montesso-ri nel volume La mente del bambino. Prima ancora della nascitadelle neuroscienze e della psicologia cognitiva, il medico/pedagogista Montessori aveva notato come le esperienze dirette ele impressioni che esse lasciavano non si limitassero a penetrarenella mente del bambino, ma laformassero, la cambiassero. Trai punti caratterizzanti l’approccio educativo montessoriano visono la libera scelta da parte delbambino del proprio autonomo percorso educativo, all’interno di una gamma di opzioni predisposte dall’insegnante, eun’organizzazione delle attivitàeducative, dei laboratori, degliambienti e dei materiali didattici a disposizione che favoriscal’apprendimento per scoperta eper costruzione delle conoscenze poste nella cosiddetta zona disviluppo prossimale (vedi box 1)di ogni singolo discente.I neuroni specchioe l’empatiaFigura 1Il rapporto tra sensi e motricitàè quindi al centro di numerosiaspetti della neuro-educazione.In questo quadro di riferimento si inseriscono gli esperimentiche hanno condotto alla scoperta dei neuroni specchio. Il gruppo di ricerca di Parma (Rizzolatti, Fogassi, Gallese, Fadiga ecc.)stava lavorando con dei macaBox 1Zona di sviluppo prossimale (Zsp) è la distanza tra il livello di sviluppo effettivo attuale e il livello di sviluppopotenziale che può essere raggiunto dal bambino con l’aiuto di altre persone, che siano adulti o pari con unlivello di competenza maggiore; essa consente di valutare la differenza tra ciò che il bambino è in grado difare da solo e ciò che è in grado di fare con l’aiuto e supporto di un individuo più competente. La ragionedi questa sensibilità all’apprendimento di nuove abilità va cercata anche nel dislivello tra comprensione eproduzione; l’adulto fornisce il supporto necessario affinché il bambino diventi capace di produrre abilità cheè già in grado di comprendere.eas26n. 4 – dicembre 2018

chi sullo studio della visione; dalì arrivarono a scoprire primai neuroni canonici del sistemamotorio e poi i neuroni “mirror”. La scena si svolgeva pressappoco così: la scimmia stavaseduta su una sedia, libera di fare ciò che voleva; si cercava solodi indurla a compiere dei movimenti. Le veniva offerto del cibo oppure erano i ricercatori aportare del cibo verso la propriabocca. Le venivano mostrati deigesti o la si induceva a prendere oggetti di forma e grandezzadiversa. Adottando l’approccioecologico, interessandosi cioèsolo agli aspetti fisici del movimento più che ai suoi aspetti cognitivi, i ricercatori scoprironoe descrissero una serie di proprietà nuove del sistema motorio: neuroni visuo-motori checodificano lo spazio peri-personale (li chiamarono neuroni canonici) e neuroni che codificanolo scopo dei movimenti e non imovimenti come tali (vennerodenominati neuroni specchio).l’intelligenza già iscritta nell’a-zione. Si trattava di dimostrarese il meccanismo specchio fossepresente anche nell’uomo.Inizialmente attraverso la stimolazione magnetica transcranicae successivamente soprattuttograzie alla risonanza magnetica funzionale si è potuto dimostrare che nel soggetto si attivavano le aree motorie mentre osservava uno dei ricercatori agire: il meccanismo dell’empatia.I neuroni specchio prendonoparte a una delle più importantimissioni del cervello: fare previsioni! Quando vediamo qualcuno fare qualcosa, questi neuronireplicano mentalmente lo stessocomportamento e noi proviamoqualcosa di molto simile a ciòche provano gli altri e in questomodo possiamo formulare ipotesi e decidere come comportarci. Ciò ha ricadute fondamentali sull’educazione. Chi ci vedeagire – il bambino, il ragazzo –agirà di conseguenza. Qui si capiscono le basi neurobiologichedella neurodidattica.Emozioni e affetto;mente e cervello.Neuroscienzeaffettive ededucazioneCosa sono le sensazioni emotive,come le supporta il cervello? Sitratta di una «reazione affettivaintensa con insorgenza acuta edi breve durata determinata dauno stimolo ambientale. La suacomparsa provoca una modificazione a livello somatico, vegetativo e psichico. Le reazioni fisiologiche a una situazione emozionante investono le funzionivegetative come la circolazione,la respirazione, la digestione e lasecrezione. Le reazioni visceralisi manifestano con una perditamomentanea del controllo neurovegetativo con conseguenteincapacità temporanea di astrazione dal contesto emozionale.Le reazioni espressive riguardano la mimica facciale, gli atteggiamenti del corpo, le abitualiforme di comunicazione. Le re-Figura 2n. 4 – dicembre 201827eas

azioni psicologiche si manifestano con la riduzione del controllo di sé, la difficoltà ad articolare logicamente azioni e riflessioni, la diminuzione della capacità di metodo di critica» (cit. daGalimberti, Nuovo dizionario diPsicologia, Psichiatria Psicoanalisi,Neuroscienze, Feltrinelli, 2018).«Le emozioni e le biologicamente più primitive pulsioni che lesostengono, come la fame, sonoprogrammi d’azione che si sono evoluti come estensione deimeccanismi di sopravvivenza.Detto semplicemente, le emozioni si sono evolute per mantenerci in vita. Gli esseri umaniprovano emozioni di base, comepaura e disgusto per tenersi lontani dei precipizi delle scogliere eper evitare cibi avariati. Abbiamo emozioni sociali come l’amore che ci permette di affiliarci, procreare e avere cura dei nostri bambini. Grazie alla nostraintelligenza, al cervello plastico,possiamo anche sviluppare emozioni che colorano e orientano inostri sforzi intellettuali e sociali, come per esempio la curiositàche spinge a esplorare a scoprire» (Immordino-Yang, Neuroscienze affettive ed educazione).Le neuroscienzespiegano comele emozionientrano in gioconell’esperienzaeducativaOgni giorno, oltre due miliardi di bambini vanno a scuola:probabilmente è l’esperimento collettivo più vasto della storia dell’umanità. Lì imparano aeasleggere, intessono amicizie profonde e si costituiscono come esseri sociali. A scuola, in un intensissimo processo di apprendimento, si sviluppa e si trasforma quotidianamente il cervello. Forse finalmente è il tempopropizio per tendere un ponte fra neuroscienze ed educazione. Il filosofo ed educatoreJohn Bruer aveva affermato chequesto ponte “è troppo lungo”,che mette in connessioni mondilontani. Certamente, per esempio, capire che una regione della corteccia parietale è la chiavedell’elaborazione numerica puòessere importante per un neuroscienziato, ma non aiuta un professore a riflettere su come insegnare la matematica. In quest’esercizio di trasferimenti di conoscenza, in cui le neuroscienze simettono al servizio della scuolae della società, servono domande precise e serve essere più chemai attenti, rigorosi.Dal punto di vista evoluzionistico e ontogenetico, emozionie apprendimento si intrecciano inestricabilmente: si imparafronteggiando situazioni che l’obiettivo della sopravvivenza carica di significati emotivi (evoluzione) e si apprende profondamente solo ciò che smuoveemozioni e affetti (ontogenesi).Gli approcci psicanalitici di vario orientamento hanno storicamente cercato con vari tentativi di coniugare emozioni, affetti, conoscenza e apprendimento, lavorando su concetti quali:desiderio, mancanza ecc. Neilavori di Kandel (2005), Siegel(1999) Cozolino (2006), gruppodi Fonagy (2007) si vede lo sforzo assai significativo di sintesi trale tradizioni “umanistiche” e la28visione “organicistica” della vitadella mente. Antonio Damasio eMary Hellen Immordino-Yanghanno lavorato insieme recentemente per una versione “neuroscientificamente” fondata delbinomio agostiniano inscindibile tra amore e conoscenza.Ogni giorno gli insegnanti intuitivamente sanno che né il loro insegnamento né l’apprendimento dei loro studenti è stabilee costante, momento dopo momento, un argomento rispetto aun altro. Tutti noi, pur se equilibrati, viviamo giorni buoni e altri meno buoni, momenti di esaltazione, impegno e ispirazione,alternati a momenti di delusione, disimpegno e frustrazione.Queste differenze influenzano ilmodo in cui i bambini apprendono e il modo in cui gli insegnanti insegnano. L’apprendimento è dinamico, sociale e dipendente dal contesto: le emozioni ne costituiscono una parteimportante.La vera rivoluzione all’internodelle neuroscienze dell’educazione è quella che ha ribaltatole prime teorie secondo cui leemozioni interferivano in modonegativo con l’apprendimento,rivelando invece che emozionee cognizione sono supportate daprocessi neurali interdipendenti. È letteralmente impossibile,dal punto di vista neurobiologico, costruire ricordi, impegnarsi in pensieri complessi o prendere decisioni sensate, senzaemozioni. E questo ha un senso: il cervello è un tessuto altamente costoso a livello metabolico e l’evoluzione non avrebbesostenuto lo spreco di energia eossigeno per pensare a cose nonimportanti.n. 4 – dicembre 2018

In poche parole: pensiamo meglio alle cose che ci stanno acuore, eliminiamo ciò che nonha importanza.Quanto detto apre alle questioni riguardanti il come, il quando e il perché gli studenti imparano in maniera significativa.Possiamo spiegare l’argomentopiù noioso del mondo, ma l’insegnante e la relazione che lui/lei costituisce con i propri alunnifanno e possano fare la differenza se muovono orizzonti di senso e affetto.Quindi il discorso che abbiamointavolato pone interrogativi riguardo a come la tecnologia, inew media, la cultura e il web, isocial, i modelli di IA modellanol’apprendimento. Gli insegnantihanno nuove speranze per motivare gli studenti, produrre conoscenze profonde e consentireil trasferimento delle competenze scolastiche nel mondo reale,facendo leva su tutto ciò che hasenso ed è emotivamente significativo per i ragazzi (box 2).RiferimentibibliograficiCalissano P. (a cura di) (2017).Rita Levi Montalcini, La vitafra i neuroni. Edizioni ClichySorbonne, Firenze.Palmieri C., Prada G. (a curadi) (2008). Non di sola relazione.Per una cura del processo educativo.Mimesis, Milano.Alexandre L. (2018). La guerradelle intelligenze. EDT, Torino.Boncinelli E. (1999). Il cervello,la mente e l’anima. Le straordinariescoperte sull’intelligenza umana.Mondadori, Milano.Changeux J.-P. (1990). L’uomoneuronale. Feltrinelli, Milano.n. 4 – dicembre 2018Changeux J.-P. (2013). Il bello,il buono, il vero. Un approccioneuronale. Raffaello Cortina,Milano.Cohen L. (2014). Perché leragazze sono brave in matematica.Castelvecchi, Roma.Damasio A.R. (1995). L’erroredi Cartesio, Emozione, ragione ecervello umano. Adelphi, Milano.Denes G. (2016). Plasticitàcerebrale, come cambia il cervellonel corso della vita. Carocci,Roma.Douglas Fields R. (2012). L’altrocervello. Espress Edizioni, CDM,Torino.Immordino-Yang M.H.(2017). Neuroscienze affettive ededucazione. Raffaello Cortina,Milano.Kandel E.R. (2012). L’etàdell’inconscio. Raffaello Cortina,Milano.Kandel E.R. (2017). Arte eneuroscienze. Le due culture aconfronto. Raffaello Cortina,Milano.Kandel E.R., SchwartzJ.H., Jessell T.M. (1999).Fondamenti delle neuroscienzee del comportamento. EditriceAmbrosiana, Milano.Kandel E.R., Schwartz J.H.,Jessell T.M., SiegelbaumS.A., Hudspeth A.J. (2015).Principi di Neuroscienze. EditriceAmbrosiana, Milano.LeDoux J. (1998). Il cervelloemotivo. Alle origini delle emozioni.Baldini e Castoldi, Milano.Montalcini R.L (2013). Elogiodell’imperfezione. Baldini eCastoldi, Milano.Oliverio A. (2017). Il cervelloche impara. Neuropedagogiadall’infanzia alla vecchiaia.Giunti, Firenze.29Rivoltella P.C. (2012).Neurodidattica. Insegnare alcervello che apprende. RaffaelloCortina, Milano.Rivoltella P.C. (2014).La previsione. Neuroscienze,apprendimento, didattica. LaScuola, Brescia.Rizzolatti G., Gnoli A. (2016).In te mi specchio. Per una scienzadell’empatia. Rizzoli, Milano.Rizzolatti G., Sinigaglia C.(2006). So quel che fai, Il cervelloche agisce e i neuroni specchio.Raffaello Cortina, Milano.Severino E. (2016). Cervello,mente, anima. Morcelliana,Brescia.Swaab D. (2017). Il cervellocreativo. Come l’uomo e il mondosi plasmano a vicenda.Castelvecchi, Roma.Tononi G. (2014). PHI, unviaggio dal cervello all’anima.Codice Edizioni, Torino.Zeki S. (2003). La visionedall’interno. Bollati https://www.gfmer.ch/Medical journals/Giornalimedici libero n-anatomy/id548219833?mt 8https://play.google.com/store/apps/details?id org.dnalc.threedbrain&hl m/2015/02/3d-brain-app.htmleas

Box 2La nascita delle NeuroscienzeIn Italia. Il lungo corridoio dai soffitti altissimi della facoltà di Medicina dell’Università di Torino è silenziosoe le tante porte che vi si affacciano lo rendono ancora più austero. Senza dubbio è un luogo poco adattoa un ragazzo in calzoni corti, un ciuffo di capelli castani, che cerca di sbirciare attraverso le porte aperte elancia sguardi un poco perplessi a quelle chiuse. Si tratta di Renato, 16 anni, iscritto alla Facoltà di Medicina,all’inseguimento di un sogno. La fisica era da sempre la sua grande passione, da anni era affascinato anchedalla matematica, ma la medicina aveva qualcosa in più: lo emozionava profondamente. Emozionato eincuriosito, Renato Dulbecco è una matricola che cerca di capire quale sia l’aula dove avrebbe potuto seguirela sua lezione. Non ha nessuna intenzione di arrivare in ritardo, nemmeno di un minuto, anche perché non èproprio il caso di scherzare con il suo docente, il professor Giuseppe Levi, celebre per le sue sfuriate.Dulbecco, nato a Catanzaro il 22 febbraio 1914, con l’inizio della Grande Guerra si trasferisce con lafamiglia prima a Cuneo, poi a Torino e quindi a Imperia. Gli anni trascorsi a Imperia sono sereni, anche senon sempre facili: frequenta il liceo classico De Amicis e stringe le prime amicizie. I primi ricordi bellissimisono legati a un piccolo osservatorio meteorologico dove trascorreva molto del suo tempo libero e doveaveva costruito il primo sismografo elettronico. In quel periodo una brutta polmonite colpisce sua sorellaEmma; inoltre muore il suo migliore amico, Peppino. Affonda in questi due episodi l’emozione profonda che,al momento di iscriversi all’università, gli fa accantonare l’amore per la fisica e per la matematica e gli fascegliere medicina. Nel 1975, quando Dulbecco scrive la propria biografia per la consegna del Nobel per lamedicina, quel suo primo sismografo funzionava ancora.A Torino Dulbecco è uno studente molto apprezzato, ma capisce subito di essere interessato più a

Neuroscienze, Feltrinelli, 2018). «Le emozioni e le biologicamen-te più primitive pulsioni che le sostengono, come la fame, sono programmi d’azione che si so-no evoluti come estensione dei meccanismi di sopravvivenza. Detto semplicemente, le emo-zioni si sono evolute per man-tenerci

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