La Repressione Penale Delle Opinioni Dal Codice Rocco Al .

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI NAPOLI FEDERICO IIDIPARTIMENTO DI GIURISPRUDENZADottorato di ricerca in Sistema penale integrato eprocessoXXVI cicloTesi di DottoratoLa repressione penale delle opinioni dalcodice Rocco al diritto dell’UnioneEuropeaProblemi politico-criminali e dogmatici e prospettive diriformaRelatoreCh.mo Prof. Antonio Cavaliereanno accademico 2013-2014DottorandoEmanuele De Franco

candidato: Emanuele De FrancoLa repressione penale delle opinioni dalcodice Rocco al diritto dell’UnioneEuropeaProblemi politico-criminali e dogmatici e prospettive diriformaRelatore Prof. Antonio CavaliereCoordinatore del corso di dottorato Prof. Sergio Moccia

In Nome del Popolo TedescoNella causa contro1. Hans Fritz Scholl, Monaco,nato a Ingersheim il 22 settembre 1918,2. Sophie Magdalena Scholl, Monaco,nata a Forchtenberg il 9 maggio 1921,3. Christoph Hermann Probst, di Aldrans da Innsbruck,nato a Murnau il 6 novembre 1919attualmente in custodia investigativa con l'accusa di assistenza sediziosa al nemico, preparazione acommettere alto tradimento e indebolimento della sicurezza armata della nazione, la Corte delPopolo, Prima Sezione, a seguito del processo celebratosi il 22 febbraio 1943Accertato che:gli accusati hanno, in tempo di guerra e per mezzo di volantini, incitato al sabotaggio dello sforzobellico e degli armamenti, e al rovesciamento dello stile di vita nazionalsocialista del nostropopolo, hanno propagandato idee disfattiste e hanno diffamato il Führer in modo assai volgare,prestando così aiuto al nemico del Reich e indebolendo la sicurezza armata della nazione.Per questi motivi essi devono essere puniti con la morte.Il loro onore e i loro diritti di cittadini sono revocati per sempre.Estratto dalla sentenza a carico diHans Scholl, Sophie Scholl e Christoph Probsta seguito del processo celebratosi il 22 Febbraio 1943II

IndiceCap. I – I reati di opinione nel codice Rocco1.2.3.4.5.6.I tratti autoritari della ‘difesa dello Stato’ nel codice Rocco . .La repressione penale del dissenso politico nel codice Rocco:i reati di opinione I reati di istigazione .3.1 L’istigazione a tutela della “personalità dello Stato” .3.1.1 L’istigazione dei militari a disobbedire alle leggi .3.1.2 Il concetto di pubblicità .3.2 Istigazione e ordine pubblico .p. 13.3 Il bene giuridico. L’ordine pubblico p.353.4 Le fattispecie istigative speciali .3.4.1 Istigazione a delinquere .3.4.2 Istigazione a disobbedire alle leggi .3.4.3 Pubblica intimidazione .3.5 Il completamento della cornice repressiva a tutela dell’ordine pubblico p.p.p.p.p.3.6 Il rapporto tra le fattispecie istigative speciali e il fenomeno concorsuale .3.6.1 Premessa in tema di concorso di persone . . .3.6.2 L’art. 115 c.p. e l’interpretazione delle fattispecieistigative speciali . 3.6.3 L’art. 110 c.p. come disposizione ‘regolare’ in tema di istigazionepenalmente rilevante . .3.7 La fenomenologia dell’istigazione quale figura sintomaticadi un diritto penale d’autore . . .L’apologia . .4.1 Introduzione ai reati di apologia . . . .4.2 L’apologia tra autonomia di incriminazione e natura indirettadi istigazione . .4.3 L’apologia sovversiva o antinazionale . . .4.4 La propaganda sovversiva e antinazionale . . .4.5 L’apologia di reato . . .Introduzione allo studio dei reati di vilipendio . .5.1 Il vilipendio politico5.2 Il vilipendio religioso nell’impianto originario del codice Rocco . .5.2.1 Il superamento della ratio originaria dell’incriminazionenel nuovo contesto costituzionale . . Conclusioni. Perché sono state punite le opinioni . p.60p. 60p.p.p.p.p.p.1824242830354646505557p. 65p.71p.75p.79p. 79p.p.p.p.p.p.p.81838993102114119p.126p.133Cap. II – Reati di opinione e Costituzione1.Reati di opinione e determinatezza .p. 1552.Il problema della materialità della condotta p.1613.Offensività e bene giuridico . .p.1683.1 Ordine pubblico e Costituzione . .p.1753.2 Personalità dello Stato e Costituzione .p.1813.3 La verifica dell’offensività . .p.1844.Reati di opinione, responsabilità penale e funzioni della pena . p.1965.La libertà di manifestazione del pensiero p.204III

6.Conclusioni. Cap. III – I reati di opinione nella legislazione repubblicana1.2.3.4.5.6.p.212Antifascismo e diritto penale: la legge Scelba . . 1.1 Il bene giuridico tutelato dalla legge Scelbae la XII disp. trans. della Costituzione .1.2 Il reato di riorganizzazione del disciolto partito fascista .p.2151.3 L’istigazione pubblica alla riorganizzazione del partito fascista .p.2311.4 L’apologia del fascismo . .p.2321.5 Le manifestazioni fasciste . .p.2351.6 Un personale bilancio . .La repressione penale del genocidio: la l. 9 ottobre 1967, n. 962e la Convenzione del 9 dicembre del 1948 . 2.1 I delitti di pubblica istigazione e apologia di genocidio . .Discriminazione e diritto penale: la Convenzione internazionale di New Yorkdel 1966 e l. 13 ottobre 1975, n. 654 . . . .3.1 La c.d normativa anti-naziskin e il rafforzamento ‘repressivo’ della leggen. 654/1975: l’art. 1 del decreto Mancino . . .3.1.1 I reati di opinione di cui all’art. 3 l. n. 654/1975: la propagandadiscriminatoria e l’istigazione alla discriminazione . .3.1.2 Il reato di ‘associazione discriminante’ .3.1.3 Il delitto di manifestazioni ‘razziste’ o ‘discriminatorie’ . .3.1.4 Il completamento del cerchio repressivo: complementarietàsanzionatoria e disposizioni processuali . .3.2 Considerazioni critiche . . .Problemi di coordinamento in materia di discrimen tra ‘antifascismo’e ‘antirazzismo’ . . . La riforma del codice penale in materia di reati di opinione:un intervento disomogeneo e ai limiti dell’ipocrisia . La nuova frontiera dei reati di opinione:il nuovo art. 414 bis del codice penale. . p.237p.217p.223p.249p.251p.253p.254p. 256p. 260p. 262p.264p.268p.274p.277p.283Cap. IV – I reati di opinione nella legislazione europea e le prospettive di riformaLa Decisione quadro 2008/913 . . . p.2871.1 Il reato di negazionismo . . . p.2962.I reati di opinione e i loro rapporti con gli artt. 9 e 10 CEDU . p.3053.La proposta di riforma della Commissione “Pagliaro” . . . p.313Bibliografia .p. I-XII1.IV

Capitolo II reati di opinione nel codice RoccoSommario: 1. I tratti autoritari della ‘difesa dello Stato’ nel codice Rocco - 2. La repressionepenale del dissenso politico nel codice Rocco: i reati di opinione - 3. I reati di istigazione - 3.1L’istigazione a tutela della “personalità dello Stato” – 3.1.1 L’istigazione dei militari adisobbedire alle leggi - 3.1.2 Il concetto di pubblicità – 3.2 Istigazione e ordine pubblico – 3.3Il bene giuridico. L’ordine pubblico – 3.4 Le fattispecie istigative speciali – 3.4.1 Istigazione adelinquere – 3.4.2 Istigazione a disobbedire alle leggi – 3.4.3 Pubblica intimidazione - 3.5 Ilcompletamento della cornice repressiva a tutela dell’ordine pubblico 3.6 Il rapporto tra lefattispecie istigative speciali e il fenomeno concorsuale - 3.6.1 Premessa in tema di concorsodi persone - 3.6.2 L’art. 115 c.p. e l’interpretazione delle fattispecie istigative speciali - 3.6.3L’art. 110 c.p. come disposizione ‘regolare’ in tema di istigazione penalmente rilevante – 3.7La fenomenologia dell’istigazione quale figura sintomatica di un diritto penale d’autore – 4.L’apologia – 4.1 Introduzione ai reati di apologia – 4.2 L’apologia tra autonomia diincriminazione e natura indiretta di istigazione – 4.3 L’apologia sovversiva o antinazionale –4.4 La propaganda sovversiva e antinazionale - 4.5 L’apologia di reato - 5. Introduzione allostudio dei reati di vilipendio – 5.1 Il vilipendio politico – 5.2 Il vilipendio religiosonell’impianto originario del codice Rocco -5.2.1 Il superamento della ratio originariadell’incriminazione nel nuovo contesto costituzionale - 6. Conclusioni. Perché sono statepunite le opinioni.1. I tratti autoritari della ‘difesa dello Stato’ nel codice RoccoRispetto al codice Zanardelli, il codice Rocco è dominato da “uno spirito nuovo eda una concezione ben diversa dei rapporti tra lo Stato e il cittadino”1. Il titolo deireati in cui più profondamente è impresso il suggello dello Stato fascista è quellodei delitti contro la personalità dello Stato, posti all’apice della scala dei valoriespressa dalla parte speciale. In quel titolo vengono introdotte, oltre a quelletradizionali, nuove figure di reato idonee alla repressione di ogni altro fatto chepossa compromettere l’azione politica dello Stato, in qualsiasi campo essa sisvolga. E ciò implica, naturalmente, una precisa presa di posizione valorativaintorno alla significatività dei singoli oggetti di tutela riconosciuti dal legislatore.1A. ROCCO, Lavori preparatori del codice penale e del codice di procedura penale, vol. IV, III,Roma 1929, p. 8.1

Le opzioni fondamentali che caratterizzano il codice sono essenzialmente quattro:a) il primato della difesa dello Stato sull’individuo, in cui si scorge l’esattoribaltamento di uno dei pilastri della tradizione liberale, e cioè il primato dellapersona 2 . Nel rapporto tra beni personali e beni superindividuali, infatti, ilrovesciamento della prospettiva assiologica di matrice illuministica3 si compie nelsubordinare la persona ad interessi statuali; b) la pubblicizzazione artificiale deibeni giuridici, in virtù della quale beni che sarebbero personali vengonoartificiosamente dilatati in entità, quasi trascendenti, empiricamente inafferrabili4;2Si veda ancora A. ROCCO, Lavori preparatori del codice penale, cit., p. 8, dove si legge che “laragione della collocazione dei delitti contro l’attività politica del cittadino fra quelli contro lapersonalità dello Stato si giustifica in quanto la protezione penale prima esclusivamente accordataa vantaggio dell’individuo per il godimento delle libertà politiche dalla legge conferitegli, ora miraprevalentemente al migliore funzionamento dello Stato e alla necessità che i cittadini viconcorrano con l’esercizio dell’attività politica”. Secondo F. COLAO, Il delitto politico traottocento e novecento. Da “delitto fittizio” a “nemico dello Stato”, Milano 1986, p. 348, “dalladifesa sociale deriva la definizione teorica di uno stato assolutamente sovrano, moralmente egiuridicamente superiore al delinquente; che proprio in nome della tutela della società puòemanare disposizioni penali che addirittura contraddicono i principi fondamentali del diritto penalemoderno”.3A dimostrazione di ciò si legge in A. ROCCO, Relazione a S.M. il Re del Ministro GuardasigilliRocco, per l’approvazione del testo definitivo del Codice penale, in Lavori preparatori del codicepenale e del codice di procedura penale, cit., p. 10, che “la filosofia giuridica penale, che ispira lanuova opera legislativa, non è che una derivazione della filosofia giuridica generale del Fascismo.Filosofia, in verità, ben diversa da quella che fu propria degli enciclopedisti francesi a cui siispirarono la rivoluzione del 1789, la dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino, i codicipenali del 1791 e la stessa codificazione legislativa penale del primo Napoleone, che fu il modelloa cui si attennero, per più di un secolo tutte le altre legislazioni che dominarono all’estero e inItalia, non escluso il codice penale del 1889”. Ancora si veda G. DELITALA, Criteri direttivi delnuovo codice penale, in Riv. it. dir. pen., XIII, 1935, p. 586, il quale evidenzia che la concezionecontrattualistica propria dell’illuminismo porta a considerare il diritto esclusivamente in funzionedella libertà dei singoli.4In ordine al fenomeno della “pubblicizzazione” degli oggetti di tutela, all’interno dellaprogressione discendente realizzato dal codice Rocco, cfr. PADOVANI/STORTONI, Dirittopenale e fattispecie criminose, Bologna 1991, p. 49 ss.; in riferimento al concetto di ‘Stato totale’accolto dalla dottrina fascista si veda ancora A. ROCCO, Relazione a S.M. il Re, in Lavoripreparatori del codice penale, cit. p. 9, dove si legge che per il fascismo lo Stato è concepito comeun organismo, ad un tempo, economico e sociale, politico e giuridico, etico e religioso. “Qualeorganismo economico-sociale, lo Stato non più si rappresenta come la somma aritmetica degliindividui che lo compongono, bensì come la risultante, la sintesi o composizione degli individui,delle categorie e delle classi che lo costituiscono, avente propria vita, propri fini, propri bisogni einteressi che trascendono per estensione e per durata la vita stessa degli individui, delle categorie edelle classi e si estendono a tutte le generazioni passati, presenti e future”. Inoltre, i caratteri chedistinguono la tradizione liberale dall’ideologia fascista sono principalmente in ciò che l’una èesclusivamente individualista, l’altra essenzialmente sociale o collettiva o statale, in quanto si ponel’obiettivo di subordinare la persona “all’interesse supremo dell’esistenza e della conservazionedello Stato e impedisce che la libertà degli individui trascenda in licenza od arbitrio”, cit., p. 10.A riprova dell’intensità e della convinzione con le quali i compilatori del codice perpetuarono lastrategia penalistica della pubblicizzazione degli interessi protetti, vanno menzionati i reati controla moralità e il buon costume; nell’ambito di tale categoria, infatti, “la tutela della libertà sessualedell’individuo finisce con l’atteggiarsi a mero riflesso di un interesse pubblico al rispetto di un2

c) l’anticipazione della soglia della punibilità verso fasi dell’iter criminis ancoralntane dalla effettiva lesione di beni giuridici penalmente tutelabili5; d) il drasticoinasprimento delle sanzioni.Il codice del 1889, invece, proprio perché elaborato sotto la spinta di concezioniliberali, limitò la tutela penale dello Stato a quei soli interessi politici checoncernessero la sua sicurezza, pur non rinunciando alla repressione penaleladdove il dissenso politico e/o ideologico si mostrasse pericoloso per la tenutadegli assetti statuali. Coloro che diedero vita al codice Rocco affermarono, invece,vigorosamente un principio di più vasta estensione: “Tutti gli interessi politicifondamentali dello Stato debbono avere una corrispondente protezione penale”, daquelli elementari, da cui dipende la sua integrità, a quelli del suo progresso e dellasua prosperità economica e sociale, incluso “il diritto di conseguire e conservarequel maggiore grado di potenza che in un determinato momento storico possacompetergli nel mondo” 6 . Ciò si tradusse in un ampliamento della visualeprecedente della “sicurezza dello Stato” nel concetto di ‘personalità’, nel cuihumus l’aspirazione ad un codice onnicomprensivo condusse la Commissioneministeriale7, fin dalle sue primissime sedute, a bocciare sistematicamente ogniastratto e paternalistico modello di buon costume, che lo Stato si fa carico di imporre come valore‘deontologico’ anche in contrasto con atteggiamenti di una sensibilità collettiva che vaemancipandosi da vieti tabù”. La dottrina ravvisa però una sostanziale continuità istituzionaledell’impianto codicistico con la tradizione liberale, visto che l’intento primario della borghesiaottocentesca era quello di imporre, nel costume pubblico, un rigore e una morigeratezzastrumentali allo sviluppo del sistema produttivo e dell’accumulazione della ricchezza: in questitermini G. FIANDACA, Il codice Rocco e la continuità istituzionale in materia penale, Dibattitosu “Il codice Rocco cinquant’anni dopo”, in La questione criminale, 1981, I, pp. 76-77. Si trattain sostanza di una generale strategia di controllo ideologico delle masse, che si proietta anche neireati in materia religiosa.5Cfr. F. SCHIAFFO, Alle origini dei reati di opinione: modelli di incriminazione e opzionipolitico-criminali, in Studi in onore di G. Melillo, III, Napoli, 2010, p. 1175, secondo il qualel’anticipazione della soglia della punibilità è una conseguenza necessaria ed esclusiva di unorientamento soggettivista, di derivazione etica, della legislazione penale, che postula ilsuperamento della necessaria distinzione tra diritto e morale; Sulla confusione tra diritto e moralecfr., per tutti, L. FERRAJOLI, Diritto e ragione. Teoria del garantismo penale (1989), Roma-Bari2000, pp. 199 ss.6Ancora A. ROCCO, Lavori preparatori del codice penale, cit., pp. 9, 16.7Dalla lettura dei verbali delle sedute della Commissione è facile scorgere l’influenzapredominante del c.d. metodo tecnico-giuridico, secondo cui il compito e la funzione della scienzadel diritto penale consiste nella mera elaborazione del diritto penale positivo e vigente. Per unmaggiore approfondimento vedi A. ROCCO, Il problema e il metodo della scienza del dirittopenale. Prelezione al corso di diritto e procedura penale nella R. Università di Sassari il 15 genn.1910, in Riv. dir. proc. pen., I, 1910, pp. 497 ss.; in proposito, v. G. FIANDACA, Il codice‘Rocco‘ e la continuità istituzionale in materia penale, cit., p. 68, secondo il quale “il processo diformazione di un codice ha sempre alle spalle un ceto di giuristi che non solo suggeriscono3

proposta strutturata nel senso di una maggiore precisazione dei modellicomportamentali tipizzati nei singoli Tatbestände8. In quel contesto, la potestà dipunire veniva, infatti, considerata uno dei massimi attributi della sovranità, inquanto antichissima ed essenziale manifestazione dell’imperium 9 . La nuovadenominazione risultò, quindi, coerente con una visione dello Stato, qualeorganismo politico e giuridico, concepito come la popolazione organizzata sottoun potere supremo, come un tutt’uno, in modo da acquistare una distinta edautonoma personalità, funzionale al perseguimento degli scopi autoritari delregime10.In ciò va ravvisato il sovvertimento dell’imperativo categorico kantiano, secondocui l’individuo, essendo fine, non può essere ridotto al valore di mero mezzo. Nelcodice Rocco, invece, l’individuo è appunto mezzo dei fini sociali 11 . Comeregistrato da autorevole dottrina, la questione appare interna agli stessisoluzioni tecniche, ma contribuiscono alla stessa ‘individuazione dei fini’ della nuova legislazione[.]. C’erano, quindi, solide premesse perché il codice Rocco fosse, almeno in parte, figliodell’indirizzo ‘tecnico-giuridico’, e in conseguenza si uniformasse da un lato al principiolegalistico e, dall’altro, poggiasse su di un’impalcatura dogmatica a prevalente sfondo liberale”;Per un’approfondita panoramica sui rapporti tra dottrina italiana e regime fascista si veda M.SBRICCOLI, Le mani nella pasta e gli occhi al cielo. La penalistica italiana negli anni delfascismo, in Quaderni fiorentini per la storia del pensiero giuridico moderno, XXVIII, 1999, II,pp. 829 ss.; In ordine alla considerazione secondo cui il metodo tecnico-scientifico costituisce ilriflesso dottrinale dell’involuzione autoritaria di un sistema liberale che, nel primo decennio delsecolo, si sente minacciato dai conflitti sociali che accompagnano le rivendicazioni del nascentemovimento socialista cfr. G. NEPPI MODONA, Tecnicismo e scelte politiche nella riforma delcodice penale, in Dem e dir., 1997, p. 661; In merito all’analisi del rapporto tra fascismo e dottrinepenali vedi anche F. COLAO, Il delitto politico tra ott

Italia, non escluso il codice penale del 1889”. Ancora si veda G. DELITALA, Criteri direttivi del nuovo codice penale, in Riv. it. dir. pen., XIII, 1935, p. 586, il quale evidenzia che la concezione contrattualistica propria dell’illuminismo porta a considerare il diri

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