CIVILTÀ DI VERGOGNA - Grecoantico

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Letteratura SociologiaApr-Giu 2015 anno V - numero 17CIVILTÀDI VERGOGNALa contrapposizione tra civiltàdi vergogna e civiltà di colpa3002

AneuroscienzeAnemosIl temadel numeroIn 2di Roberto RossiParole chiave. Antica Grecia, vergogna, colpa,Omero, Odissea, Iliade, Eschilo, Sofocle, Ruth Benedict, Eric Dodds.Abstract. Il testo prende in considerazione i presupposti della cultura greca, in particolare nel testoomerico, che fanno della cultura occidentale una“civiltà della vergogna”, forme psicologiche e sociali profondamente legate nell'antichità ad un'etica guerriera e ai concetti di rispetto, virtù, prestigio.Si sottolinea, inoltre, che la “vergogna” evolve in“colpa” anche grazie alla tematizzazione della colpa nella tragedia greca.Civiltàdiver gognae civiltà dicolpa. Prendendo le mossedagli studi dell’antropologaamericana Ruth Benedictsui modelli culturali dellasocietà giapponese, il filologo irlandese Eric Dodds(1893-1979), nel suo ormaiclassico saggio I Greci e l’Irrazionale (1951), ha applicato al mondo greco lo stessoschema interpretativo, ascrivendo la cultura omericaalla categoria sociologicadella “civiltà di vergogna”(shame culture).Come è noto, la nozionedi “civiltà di vergogna” ècontrapposta alla “civiltàdi colpa” (guilt culture), destinata a diventare centralecon l’avvento del cristianesimo, che nel mondogreco si manifesta a partiredall’età arcaica, per delinearsi in maniera più evidente nel V secolo a.C. con lastagione della tragedia e piùavanti con Platone.Il modello interpretativoadottato da Dodds, decisamente innovativo neglianni in cui è stato formulato, ha goduto di meritatafortuna e ancora oggi, dopopiù di un sessantennio, risulta fecondo di suggestioni e imprescindibile per lacomprensione della societàrappresentata nei poemiomerici (cioè il mondo aristocratico delle monarchiemicenee dei secoli XII-VIIIa.C.).Entro questo orizzonte siinscrive e si può interpretare il comportamento Apr-Giu 2015 anno V - numero 17Figura 3.1 - A fianco, il dipinto Achille uccide Ettore(1630) del pittore fiammingo Pieter Paul Rubens (15771640). Negli ultimi anni della sua vita, il pittore realizzò unaserie di otto arazzi raffiguranti la storia di Achille.31

Letteratura Sociologia dell’eroe omerico, che altri-menti rischierebbe di risultare incongruente (o comunque inconcepibile) agli occhi della nostramentalità.Lo scopo di questo excursus è soprattutto di verificare e approfondire lanozione di “civiltà di vergogna” individuandone caratteri e peculiaritàattraverso il confronto diretto conil testo di Omero. L’esame di alcuni passaggi significativi (soprattuttodi Iliade) risulta, a questo proposito,particolarmente proficuo e rivelatore.La vergogna (aidós). L’uomoomerico risulta condizionato daun acuto senso di vergogna (aidós) neiconfronti dei propri simili: «Ho vergogna davanti ai Troiani e alle Troiane dal lungo peplo», osserva Ettorein due momenti cruciali del poema:la prima volta di fronte alla moglieAndromaca che lo esorta alla prudenza e lo invita a non esporsi al pericolo (VI 442-446), la seconda voltapoco prima dello scontro decisivocon Achille (XXII 104-110), quando l’eroe in qualche modo cerca diesorcizzare la paura della morte e latentazione della fuga. È evidente lafunzione di controllo sociale che ilsenso di vergogna esercita sugli atteggiamenti dell’individuo: si trattacome osserva O. Taplin, di un «senso di compunzione che inibisce gliuomini dal comportarsi male».Tutto ciò che, secondo la nota formulazione di E. Goffman, fa «perdere la faccia» di fronte alla comunità, è sentito come insopportabile, alpunto tale che, nel momento in cuisi accorga di aver sbagliato, l’eroeimputa l’errore a una forza esterna,come ad esempio ate, un «accecamento» di natura divina, contro ilquale l’uomo non può nulla e cheper questo risulta deresponsabilizzante.32In ogni caso, il disonore è quanto dipiù l’eroe voglia allontanare da sé.Le azioni (e le conseguenze che nederivano) vanno pesate non sul lorovalore “intrinseco” (che implicherebbe un richiamo alla “coscienza”,a un imperativo morale o alla leggedivina), ma sono subordinate all’apprezzamento sociale, che di volta inApr-Giu 2015 anno V - numero 17volta ne riconosce ilvalore e ne sanzionala violazione attraverso il discredito.Le azioni non sono“buone” o “cattive”in quanto tali, ma losono nella misura incui sono ritenute talidalla collettività.La pubblica stima (timé) e ilvaloreindividuale (areté). Ilmotivo dell’aidōs, unsenso di «vergogna»misto a «rispetto» neiconfronti della collettività e del sentirecomune, è fortemente radicato nell’eroe ene determina il codice comportamentale,che, mentre imponedi fuggire il disonore, per conversoorienta le azioni verso l’acquisizione diuna «pubblica stima»(timé), che costituisceun bene supremo.Non è la tranquillitàdella coscienza (che Figura 3.2 e 3.3 - Sopra, il filologo, antropologoanzi è nozione to- e grecista irlandese Eric Robertson Dodds (1893talmente estranea a 1979). Nei suoi studi sul pensiero filosofico greco equesto orizzonte) a sulla spiritualità antica, Dodds si servì di metodi attintigiustificare le scelte dal campo dell'antropologia e dalla psicanalisi.esistenziali dell’uo- A fianco, ritratto immaginario del poeta greco Omero,mo, ma una intima autore dei due massimi poemi epici della letteraturanecessità di «distin- greca, l'Iliade e l'Odissea. La statua raffigurata nellaguersi sempre al di foto è una copia romana del II secolo d.C. di un'operasopra di tutti gli al- greca del II secolo a.C. conservata al Museo deltri e non macchiare Louvre di Parigi.di vergogna la stirpedei padri, che furonoprio «valore personale» si accedegrandi» (Iliade VI 208-209: sono le alla «pubblica stima» (timé): «Glauparole che Glauco rivolge a Diomede co, tu lo sai perché noi godiamo dinel momento in cui lo sfida al com- onore in Licia e tutti ci offrono ilbattimento). Nel quadro ideologico posto di riguardo, coppe piene e cicongruente di una società fondata considerano come dei?». Sarpedonesull’esercizio delle armi, l’individuo rivolge questa domanda all’amico insente viva l’urgenza di affermare il un momento di pausa dal combattiproprio «valore personale» (areté), mento (Iliade XII, 309-320, passim).per dimostrarsi degno della propria La risposta non tarda a venire ed è lofamiglia (e quindi della propria co- stesso Sarpedone a offrirla: l’onore emunità) e conseguire prestigio.i posti di riguardo derivano dal coraggio che i capi dimostrano «comSolo dando prova tangibile del pro- battendo in prima fila», ricevendo in

Acambio il pubblico riconoscimentoda parte dei sudditi:neuroscienzeAnemosIl temadel numero«Non sono privi di gloria i nostri re, che governano la Licia e mangiano grasse pecore ebevono vino scelto, soave, ma hanno grandevigore, perché combattono in prima fila trai Lici».inoppugnabile dell’impresa portataa compimento con successo.In un momento di difficoltà per iGreci, dopo il ritiro di Achille, il recretese Idomeneo ostenta davantiallo scudiero Merione le armi conquistate al nemico (Iliade XIII 260265):Il valore individuale (ma potremmoanche tradurre areté con «capacitàpersonali») non è intrinseco: esistesolo nel momento in cui si rendericonoscibile attraverso le azionigloriose.«Lance, se vuoi, ne trovi una e anche ventinella tenda, appoggiate al lucido muro:sono dei morti Troiani, giacché io non amocombattere stando lontano dai miei nemici.Per questo ho tante lance e scudi convessi,elmi e corazze che mandano luce».Gli controbatte Merione sulla stessalunghezzad’onda,confermando il vantoper le armi sottratte ainemici uccisi, a garanzia del proprio valore(Iliade XIII 267-271):«Anch’io nella mia tenda enella mia nave ho molte spoglie troiane, [ ] e anch’ioposso dire che non scordo ilmio valore, ma sto in primafila nella battaglia gloriosa,quando sorge il tumulto diguerra».Un segno tangibile, il premio (ghéras). D’altra parte, però,l’azione eroica non è autosufficienteper ottenere il riscontro della «pubblica stima»: per essere ratificatodalla comunità il valore personalenecessita di un riscontro concretoe visibile. Ad esempio un trofeo,quale può essere l’armatura strappata di dosso al nemico ucciso, segnoL’impresagloriosa,dunque, non è che unpresupposto necessario, ma la conquistadel pubblico riconoscimento (il prestigiodella timé) esige unsegno tangibile ed evidente a tutti: può essere - come abbiamovisto - l’arma sottratta al nemico, oppureun «premio» (gheras),derivato dalla spartizione del bottino fratutti coloro che hanno preso parte aun’impresa collettiva conclusa consuccesso. Il «premio» costituisce lacertificazione visibile del valore dimostrato nel combattimento, è unasorta di “carta di identità” dell’eroe.L’Iliade rappresenta in modo evidente la relazione che intercorre fra«valore personale» (areté), «premio»(gheras) e «pubblica stima» (timé),dimostrando come un’alterazioneall’interno di questa dinamica produca un “corto circuito” dagli effettidevastanti.Ed è proprio dalla “reazione a catena” scaturita dall’alterazione di questo equilibrio che germina il conflitto attorno al quale ruota tutta lavicenda del poema.La trama è ben nota: Agamennone, costretto a rinunciare al propriogheras (la schiava Criseide restituitaobtorto collo al padre Crise, sacerdotedi Apollo), pretende un immediato risarcimento, per non subire losmacco di vedersi privato del segnodel proprio prestigio, con la conseguenza del disonore: «preparate perme un altro premio (gheras)», impone nell’assemblea degli eroi, «che ionon sia il solo tra i Greci a restarneprivo, che non sarebbe giusto: lo vedete tutti che il mio premio (gheras)se ne va altrove» (Iliade I 118-120).Vittima di questo risarcimento saràAchille, colpevole di lesa maestànei confronti di Agamennone, cheper questo si vede privato del proprio gheras (la schiava Briseide), edeve subire l’umiliazione pubblicada parte del sovrano, che rincara ladose: «verrò io stesso alla tua tendaa portarti via Briseide, il tuo premio,così che tu impari quanto sono piùpotente di te» (Iliade I 184-186).L’umiliazione di vedersi privare inpubblico del «premio» con un’aggressione verbale esplicita, costituisce per Achille uno smacco che nonlascia possibilità di mediazione.A nulla servirà il tentativo operatodal vecchio Nestore, che proponeconsiderazioni comunque interessanti a conferma della rigida organizzazione gerarchica della societàomerica: non si può contendere conl’onore (timé) di cui gode un sovrano, il cui potere discende da Zeus(Iliade I, 280-281): «Se tu sei forte,e ti ha partorito una dea» osserva,rivolgendosi ad Achille, «lui (cioèAgamennone) è più potente, perchécomanda a più uomini».Gheras contro gheras, prestigio contro prestigio: Agamennone pretendeil risarcimento e, specularmente,Achille non può tollerare l’af- Apr-Giu 2015 anno V - numero 1733

Letteratura Sociologia fronto di vedersi privato dellapropria parte di bottino: la sottrazione della schiava Briseide(gheras) coincide per lui con la perdita dell’onore (timé) e l’esposizionealla «vergogna». Da qui la decisioneirrevocabile di ritirarsi dal conflitto.Quella che ai nostri occhi potrebbeapparire quasi come una ripicca infantile, un rincorrersi di dispetti fradue autorità, ha nella mentalità della “civiltà di vergogna” implicazioniben più profonde: venuto meno ilriconoscimento sociale è vanificatolo statuto stesso dell’eroe.Immortalità ed eterna giovinezza. C’è però dell’altro, allaradice delle motivazioni comportamentali dell’individuo: l’orizzonteideologico della “civiltà di vergogna” non rimane circoscritto entroquel triangolo “valore-premio-onore” ai cui vertici sta la timé, che abbiamo individuato come valore diriferimento.Il realtà, l’aspirazione più vera einconfessata dell’uomo omerico èqualcosa di ben più impegnativo,come emerge nella parte finale deldialogo fra Sarpedone e Glauco dacui abbiamo preso le mosse (IliadeXII, 322-328). Osserva infatti Sarpedone, formulando un’ipotesi perassurdo:«Mio caro, se noi, fuggendo da questabattaglia34Apr-Giu 2015 anno V - numero 17dovessimo vivere sempre immuni damorte e da vecchiaia,io non vorrei combattere in prima fila,e non ti spingerei alla guerra gloriosa;ma attorno a noi stanno sempre in grannumerole dee della morte, che noi mortali nonpossiamo evitare.Andiamo: o noi daremo gloria al nemico, o lui a noi».Nel paradosso di un’ipotesi irreale,Sarpedone esprime quelle che, inmodo non del tutto consapevole,sono le due massime aspirazionidell’eroe: l’immortalità e l’eternagiovinezza, al cui conseguimentotutto sarebbe subordinato, anche ilvalore militare e l’onore. «Se, salvandoci oggi, potessimo essere immortali e sempre giovani, sarebbemeglio darsela a gambe». Ma poiché non è in nessun modo possibiletrovare scampo dalla morte e dallavecchiaia, non rimane che l’alternativa di combattere alla ricerca dellagloria.Quella timé individuata come massimo bene, si rivela in realtà nient’altro che un valore sostitutivo, rispetto a un’aspirazione verso l’assoluto(immortalità ed eterna giovinezza)che risulta inesorabilmente frustrata.Non è un caso che immortalità edeterna giovinezza siano proprio itratti specifici che distinguono la«L’uomo omerico nonconosce proiezioniverso la trascendenza:solo la vita terrena hasignificato e valore,mentre, per contrasto,l’aldilà è concepitocome una sede informedi ombre inconsistenti»

Apr-Giu 2015 anno V - numero 17AIl temadel numerodivinità dall’uomo, in un implicitoconfronto nel quale l’uomo risultaschiacciato da questo senso di frustrazione, che può in qualche mododar ragione di certi suoi atteggiamenti estremi. È una possibile chiave dilettura per interpretare la rabbia ocerte reazioni spropositate (addirittura ferine) di Achille, eroe nel qualesono compiutamente incarnati i canoni della “civiltà di vergogna” (nonper niente fin dall’inizio del poemal’attenzione ricade sulla sua menis,un’«ira» devastante e durevole, chesi manifesta coi tratti della follia).il senso del limite della condizioneumana (Iliade IX, 412-415):Di fronte alla consapevolezza dinon poter essere, in assoluto, néimmortale né sempre giovane, siprospetta la possibilità di una compensazione attraverso una forma sostitutiva di immortalità, che si puòconseguire attraverso il «prestigiopersonale» conquistato a prezzo digesta eroiche. È un’immortalità cheprocede parallela rispetto all’immortalità divina e consiste nella «gloriaimperitura» (kleos aphthiton), cheper un essere umano è l’unica formadi sopravvivenza possibile dopo lamorte: il rimanere vivi nel ricordodi coloro che sono vivi.Come acutamente osserva G. Paduano, la scelta della «gloria imperitura»(kleos aphthiton), contrapposta allacrisi di identità conseguente alla perdita del gheras-timé, proietta Achillein un’esperienza di double bind cheha come esito la scelta “schizofrenica” di ritirarsi dalla guerra, rinunciando all’areté e alla gloria su cui hafondato la propria scelta di vita. Sidetermina un “circolo vizioso” intollerabile, di cui l’eroe recrimina difronte alla madre Teti (I 352-356):Nella figura di Achille emerge inmodo drammatico e contraddittorio«Mia madre Teti, la dea dai piedi d’argento,mi dice che al termine della morte due destini mi portano:se resto qui a combattere attorno alla cittàdei Troiani,è perduto per me il ritorno, ma avrò gloriaimmortale (kleos aphthiton):se invece torno a casa, alla mia patria,è perduta per me la nobile gloria, ma la miavitadurerà a lungo e la morte non mi colpiràcosì presto».«Madre che mi hai generato a una vita brevissima,almeno Zeus olimpio tonante dovrebbeconcedermi gloria, ma adesso non mi haonorato.neuroscienzeAnemosIl figlio di Atreo, il potente Agamennone,mi ha offeso, mi ha tolto il mio premio, ese lo tiene».In questo spasmodico anelito versola «gloria imperitura», come valoresul quale ha investito tutta la propria esistenza, Achille è eroe emblematico, nel quale si riassumono letensioni e le contraddizioni della“civiltà di vergogna”: la scelta dimorire giovane gli garantisce infatti,in modo surrettizio, l’immortalità el’eterna giovinezza nell’unica formaconcessa a un essere umano.L’uomo omerico non conosce proiezioni verso la trascendenza: solola vita terrena ha significato e valore, mentre, per contrasto, l’aldilà èconcepito come una sede informedi ombre inconsistenti (si ricordil’incontro fra Odisseo e il fantasmadi Achille, in Odissea XI, 489-491:«illustre Odisseo, non mi abbellire la morte» osserva quest’ultimo,«preferirei da bracciante servire unaltro uomo, piuttosto che dominaretra tutti i morti defunti»).La scena straziante della morte delgiovane guerriero lascia dietro di sé,nel mondo che veramente conta,cioè il mondo dei vivi, un «ricordoindelebile» (kleos aphthiton) inattaccabile dalla vecchiaia: egli rimarrà 35

Letteratura SociologiaApr-Giu 2015 anno V - numero 17Figura 3.4 - Sopra, dipinto del pittore francese Jean-Auguste-Dominique Ingres (1780-1867) Achille riceve gliambasciatori di Agamennone, 1801, Ecole des Beaux-Arts, Paris. Ingres è considerato il maggiore esponente dellapittura neoclassica. A fianco copertina dell'Iliade di un'edizione Rihel databile attorno al 1572. giovane e immortale, perché talesarà nel ricordo di coloro cheperpetueranno la sua memoria.Concludendo in sintesi questa carrellata, il testo omerico evidenzial’importanza ideologica di alcuneparole: valore personale (areté), sancito attraverso il segno tangibile deldono (gheras), dal quale deriva il riconoscimento sociale (timé) che sitraduce in una gloria (kleos) che consente di sopravvivere nel ricordo deivivi (anche dopo la morte).36Non si pone il problema della felicità: l’eroismo ha come premio unicoe sufficiente la fama. Come anzi osserva Achille (Iliade XXIV, 525-526):«questo è il destino che gli dei assegnarono ai miseri mortali: vivere neldolore; ed essi sono senza affanni».Dalla “vergogna” alla “colpa”. Fin qui arriva Omero, in unadialettica fra condizione umana edivina dalla quale si istituisce unconfronto angosciante che rimaneirrisolto: proprio in questo confronto fra uomo e divino, che in età arcaica diventerà conflittuale, si puòforse individuare lo snodo crucialeverso quello che Dodds definisceun «vero e proprio cambiamento diciviltà», nel passaggio dalla “vergogna” alla “colpa”.Se da una parte la “vergogna” riguarda i rapporti con i simili, la “colpa”implica una proiezione verso l’interiorità e l’assoluto, in un mutato rapporto con la divinità: l’individuazione di ciò che è “buono” o “cattivo”ha valore in sé, a prescindere dallasua rilevanza sociale.L’età arcaica propone un contestocaratterizzato, secondo la definizione di Pfister, da un «aumentodi ansia e di timore nella religiositàgreca», condizionato probabilmente

Apr-Giu 2015 anno V - numero 17Adalle tensioni sociali di un mondoin evoluzione (nell’epoca della seconda colonizzazione si profilanoall’orizzonte i valori di una borghesia che sovvertirà l’assetto istituzionale), suscitando nell’io unsenso di profondo disagio morale.Secondo Dodds, però, c’è un’altrachiave di lettura più convincente,per spiegare le ragioni di questomutamento, da individuarsi neglisconvolgimenti subiti dalla famiglia, chiave di volta della strutturasociale arcaica, nella quale l’auto-neuroscienzeAnemosIl temadel numerorità del capo famigliaviene posta in discussione, mettendo arepentaglio i vincoliinterni e indebolendola struttura della famiglia stessa.A partire da Solone,per arrivare al mondo della tragedia, ilproliferare di storie dimaledizione paternae di violazione dellagerarchia famigliare(incesto) è indizio diun contesto in cui ilruolo del padre non èpiù sicuro, con tutte leconseguenze che taledato comporta.Da questa tensionesi genera un sensodi colpa che fa levaaltresì su un diversomodo di concepire ladivinità, che viene purificata dei connotatiantropomorfi (Senofane) e viene individuata come depositaria egarante di una giustizia destinataa colpire inesorabilmente, anchenello spazio di più generazioni(Esiodo, Solone, Eschilo).nazione» (míasma), d’altra parteproprio l’idea della contaminazione che ristagna insidiosa am

classico saggio I Greci e l’Ir-razionale (1951), ha applica-to al mondo greco lo stesso schema interpretativo, ascri-vendo la cultura omerica alla categoria sociologica della “civiltà di vergogna” (shame culture). Come è noto, la nozione di “civiltà di vergogna” è .File Size: 1MB

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capitolo di E.R. DODDS, I Greci e l'irrazionale, trad. it. V. Vacca De Bosis, La Nuova Italia, Firenze 1959. Per una disamina Per una disamina complessiva del concetto di “vergogna” nella letteratura e nel pensiero greco arcaici e

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