GIOBBE METTE DIO SUL BANCO DEGLI IMPUTATI. SULLA SOFFERENZA

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LA LETTURAGIOBBE METTEDIO SUL BANCODEGLI IMPUTATI.SULLA SOFFERENZAINNOCENTEDI IGNACIO CARBAJOSAPer gentile concessionedi www.jotdown.esBorges definiva«sublime» il libro chelo racconta. Claudelsi domandava:«Chi ha mai peroratola causa dell’uomo contanta energia?». Eccoperché la vicendabiblica sfida la nostraragione di moderni76LUGLIO/AGOSTO 2017«Se esiste al mondo un libro che merita la parola sublime, credo chesia quello di Giobbe». Parole pronunciate da Jorge Luis Borges inuna conferenza tenutasi all’Instituto Cultural Argentino-Israelínel 1965.1 Lo stesso aggettivo impiega Paul Claudel, dell’AcadémieFrançaise, che nella sua monografia sul Libro di Giobbe dice che,tra i libri del Vecchio Testamento, «Giobbe è il più sublime, il piùcommovente, il più audace, e allo stesso tempo il più enigmatico,il più scoraggiante, anzi, oserei dire, il più rivoltante». Giustificando i suoi aggettivi, l’autore francese aggiunge: «Chi ha mai perorato la causa dell’uomo contanta intrepida energia? Chi ha trovato nella profondità della sua fede lo spazioper un grido come questo, per tanto clamore, per un linguaggio blasfemo comequello di Giobbe?».2 La causa dell’uomo di Us, che è la causa di tutta l’umanità,in questo libro diventa un grido straziante rivolto direttamente a Dio: perché lasofferenza dell’innocente?Da quando quest’opera è entrata a far parte del canone ebraico, e quindi diquello cristiano, ha ispirato una moltitudine di autori ed è diventata il libro forsepiù “riscritto” del Vecchio Testamento, soprattutto da quando Leibniz, nel- »12Si può vedere in: --jorge-luis-borges-y-el-judas.html.P. Claudel, Le livre de Job, Plon, Parigi 1946, p. 1.

LA LETTURAMarc Chagall, Giobbe, 1975.LUGLIO/AGOSTO 201777

GIOBBE» la prima metà del XVIII secolo, ha dato origine adei suoi cani da caccia. Scoperto il colpevole, il giornouna branca della filosofia chiamata Teodicea, destinataseguente il generale organizzò una battuta di caccia ea trattare il problema della bontà di Dio, della libertàdavanti a tutta la servitù ordinò di spogliare il ragazzo edell’uomo e dell’origine del male. Se Dio è unico, buonodi obbligarlo a correre. In quel momento, il generale glie onnipotente, perché esiste il male? Forse Dio, che è onlanciò dietro la muta di cani perché rincorresse la preda.nipotente, permette il male? Allora dovremmo dubitareIl bambino fu sbranato dagli animali davanti agli occhidella sua bontà. Forse vuole evitare il male ma non può?della madre.Allora metteremmo in dubbio la sua onnipotenza.Ivan, nel ruolo di Giobbe (il libro biblico che appariràUna delle pagine che hanno presentato meglio ilesplicitamente tra le letture favorite dello starets Zosima), rifiuta di accettare le “teorie della retribuzione” chedramma del male e, soprattutto, della sofferenza dell’innocente, si trova nell’opera di Fëdor Dostoevskij I fratelstabiliscono un legame tra il peccato e il castigo. Con ili Karamazov. In un dialogo tra Ivan e suo fratello Alëša,bambini non funzionano. Neppure quelle più raffinateil primo, incredulo, vuole evitare che il fratello, noviche vedono nella sofferenza dell’innocente un contribuzio, segua le orme dello starets Zoto all’armonia eterna, alla fine dei temsima. Per questo parla dell’obieziopi: «Ho bisogno di un compenso (.).ne più potente all’esistenza di Dio:E di un compenso non nell’infinito, chila sofferenza dell’innocente. Il malesa dove e chi sa quando, ma qui sullaForse Dioche subiscono gli adulti sarebbe giàterra, e voglio vederlo coi miei occhi!vuole evitareun’obiezione importante, ma in fin(.) Non ho mica sofferto per conciil male ma nonmare con le mie colpe e le mie soffedei conti «hanno mangiato il fruttopuò? Allorarenze un’armonia futura in favore diproibito, hanno conosciuto il bene emetteremmochi sa chi».4il male, [.]. E continuano ancora a3mangiarlo». Ciò significa che hannoin dubbioDostoevskij non avrebbe potutola loro responsabilità nel disordinela suaimmaginareche il XX secolo avrebbedel mondo. Ma il dolore dei bambionnipotenzani. è ingiustificabile.superato abbondantemente le atrocità commesse contro gli innocentiLa penna di Dostoevskij, che dàdescritte nel suo romanzo. I campi divoce a Ivan, non ci risparmia il racconto di alcune delle atrocità commesse sui bambini,concentramento nazisti o le purghe staliniste bastanoaffinché l’obiezione alla giustizia divina, o alla sua stessaa farci stare zitti. Un pugno nello stomaco dell’apologetica classica, al punto che nella seconda metà del seesistenza, non risulti astratta. In pagine durissime percolo scorso la domanda se si può, e come si può, fareil lettore, Ivan descrive la brutalità con cui i turchi soffocano le rivolte nel loro Paese. Davanti agli occhi delleteologia dopo Auschwitz è diventata un luogo comunemadri lanciano in aria i neonati e li infilzano con le bairrinunciabile.ionette. Fanno ridere un bambino in braccio alla madre,Si capisce allora perché Giobbe sia divenuto un protagonista nella letteratura dei secoli XIX e XX, tantogli puntano contro la pistola perché la afferri. E in quelda trasformarsi nel portavoce dell’umanità che si elevamomento gli fanno saltare la testa. Tutto questo solo perfino a Dio per interrogarlo sull’ingiustizia. Così lo predivertirsi.senta, esplicitamente, Kierkegaard nella sua opera LaLa lunga serie di ingiustizie termina con il raccontoripetizione: «E quindi parla tu, indimenticabile Giobbe!che ha come protagonista un generale russo, ricco possidente terriero. Un giorno, il figlio di una delle sue serRipeti tutto quanto dicesti, patrono formidabile cheve mentre giocava tirò una pietra e ferì alla zampa unoappari al tribunale dell’Altissimo coll’ardire di un le-34F. Dostoevskij, I fratelli Karamazov, Bur, Milano 1998, p. 318.Ibidem, p. 326.78LUGLIO/AGOSTO 2017

LA LETTURAone ruggente! (.) Di te ho bisogno, di uno che sappiaprotestare così forte che l’eco giunga ai cieli».5Il nostro José Jiménez Lozano, vincitore del PremioCervantes, ha dato voce a Giobbe per lamentarsi diquesto mondo ingiusto, nella poesia Regolamento diconti:[.] Semplicemente viviamo, forse tu saiquanto è pesante sopportare i giorni?Forse ti sei mostrato,se non in un cespuglio ardente?e, ad Auschwitz, dov’eri?Geloso dei nostri poveri piaceri, osservi;assente nella tristezza,crudele come gli stivaletti da ghiaccioo dell’implacabile sole di agosto.Non sei forse tu a dirigere i meccanismi del mondo?Ma muoiono i rondinini con la brina,e i bambini di famementre i potenti sono unti in tuo nome,e tu taci.“Il signore è assente, non ricevechiamate né risponde” dicono i tuoi angeli.6Bisogna a questo punto osservare che se l’uomo chemette l’Altissimo con le spalle al muro è l’uomo “occidentale” la cui ragione non tollera l’ingiustizia, il Dio cuisi rivolge quest’uomo è ugualmente un Dio “occidentale”, il Dio giudeocristiano, che ha proclamato la bontàdi tutta la creazione, difende la giustizia e ama l’essereumano, che ha creato a sua immagine e somiglianza.Si può allora comprendere il paradosso che C.S. Lewisha genialmente formulato nel suo scritto Il problemadella sofferenza, quando afferma che «il cristianesimocrea più che risolvere il problema del dolore, poiché ildolore non sarebbe in sé un problema se, insieme conla nostra esperienza quotidiana di un mondo doloroso,non avessimo ricevuto una sufficiente garanzia del fatto che la realtà ultima è giusta e amorosa».7 È così giusto che, nei paralleli mesopotamici del libro di Giobbe,possiamo già vedere le aporie che presenta la teoriadella retribuzione, che collega la sofferenza al castigodivino, ma non vediamo ancora un confronto direttocon il dio di turno per chiedergliene conto.E di fronte al grido dell’uomo che soffre ingiustamente e che esige dal cielo un significato, in ogni epoca sononati “avvocati difensori” di Dio, disposti a correre in suoaiuto. Ieri e oggi. I tre amici di Giobbe erano ben intenzionati quando si sono riuniti per consolare quell’uomo abbattuto. Ma non sono riusciti a sopportare la suapretesa di mettere Dio sotto processo, accusandolo diingiustizia. E allora si ergono a difensori di Dio, anche sein realtà non fanno altro che preservare l’immagine diDio che hanno in mente, e che risponde a uno schemacausa-effetto, in cui non c’è spazio per fare domande,per un “perché”, e tanto meno per una risposta di Dio.«Questi individui», dice Kierkegaard, «a parole dannoragione a Dio, ma preoccupandosi molto di manteneredentro di sé l’assoluta convinzione che sono loro in realtà ad avere ragione».8«Soffri? Avrai fatto qualcosa di male. Se non tu, i tuoifigli» (cfr. Gb 4,7-8;8,4-6). Nella posizione degli amicidi Giobbe, Dio si muove «nei limiti della ragione». E dalì non può uscire. Non deve uscire. Se ne uscisse, nonsarebbe prevedibile, saremmo esposti a tutto, dovremmo rivolgergli domande di cui ignoriamo la risposta:«Perché il dolore? Perché l’ingiustizia?». Accettare l’innocenza di Giobbe significherebbe aprire una crepa pericolosa in un universo chiuso: «Per questo i miei pensieri mi spingono a rispondere e c’è fretta dentro di me.Ho ascoltato un rimprovero per me offensivo», replicaSofar a Giobbe (Gb 20,2-3).La posizione di Elifaz, Bildad e Sofar, come qualsiasialtra posizione debole e preconcetta, si può sosteneresolo censurando la realtà che ci viene incontro: Giobbe proclama la sua innocenza. Il suo comportamentovirtuoso è inoltre pubblico e notorio. Ma non c’è spazioper i dati che non rientrano nel nostro schema: la realtàche contravviene alla nostra misura deve essere reinterpretata. Ed è proprio così, tanto che Elifaz, proiettandola logica causa-effetto su Giobbe, gli descrive i peccatiche avrebbero provocato l’ira divina (cfr. Gb 22,6-9). Liinventa, come chi propone un’ipotesi esplicativa »S. Kierkegaard, La ripetizione, Bur, Milano 2012, p. 42.J. Jiménez Lozano, “Arreglo de cuentas”, in El tiempo de Eurídice, Fundación Jorge Guillen, Valladolid 1996, p. 200.7Cfr. C.S. Lewis, El problema del dolor, Rialp, Madrid 1995, p. 32. Ed. it., Il problema della sofferenza, GBU, Chieti 1988.8S. Kierkegaard, La ripetizione, op. cit., p. 50.56LUGLIO/AGOSTO 201779

GIOBBELA LETTURA» dall’effetto evidente! Borges ben comprese che cosacon simpatia a Giobbe che si erge fino all’altezza di Dio,era in gioco nella battaglia tra le due posizioni, quella died esige da lui delle spiegazioni. In realtà, il personaggioGiobbe e quella dei suoi amici, quando riassunse così lobiblico va oltre. Pretende di convocare Dio davanti a unscopo del libro biblico: «Non possiamo applicare nestribunale. per il quale, ovviamente, non trova un giusun epiteto umano a Dio; non possiamo misurarlo condice (cfr. Gb 9,14-35;13,1-23). E tuttavia prepara la sua9il nostro metro».difesa, stende l’elenco delle accuse (cfr. Gb 23,1-9;29,131,40). È sorprendente che la Bibbia contenga pagineNon deve pertanto sorprenderci il parallelo fatto dacome queste, in cui la creatura intenta una causa al suoMaría Zambrano tra gli amici di Giobbe e il razionacreatore. Risulta paradossale, se leggiamo le pagine inilismo che ha caratterizzato il nostro tempo: «Gli amiciziali del libro sacro in cui Dio, con la sua parola, creache lo consigliano, impettiti, sicuri di sé e di occupal’uomo e la donna a sua immagine e somiglianza, rire il ruolo giusto - del giusto che non può mai essereposandosi dopo un’opera che «era cosa molto buona»abbattuto -, ragionano. E le loro ragioni riappariranno(Gen 1,31), o quelle che seguono, in cui il creatore modella il primo uomo con il fango dellanel corso della storia della ragioneterra.trionfante, la ragione di chi sta benNel ribelle Giobbe vediamo rappredritto, di chi ha capitalizzato il lavorosentata tutta la dignità della ragionee il patimento delle sue viscere; sordoIn lui vediamoumana, che non può trattenersi daa esse, con la sordità di chi trasformarappresentatavanti a un’ingiustizia, davanti a unain pietra lo splendore che si effondetutta la dignitàspiegazione insufficiente, davanti adal sangue e mura gli spazi di incontro perché non vi discenda il logos.una sofferenza che mina la nostra indella ragionetuizione originaria sul fatto che tutto èProfeti, o almeno precursori, dellaumana, che nonbuono. E l’intera difesa di Giobbe è coragione che si svela, rendendosi cosìpuò trattenersistruita su un paradosso. L’essere umainestricabile».10davanti aChi ha ragione in questa dialetticano è un quasi nessuno nel complessoun’ingiustiziache si prolunga per 35 capitoli (Gbdella creazione. Se contempliamo3-37)? È ovvio che la nostra sensibilil’immensità dell’universo, che cos’ètà moderna propende verso Giobbe,quest’essere nato tardivamente in unma che cosa dice il libro? L’affermapunto trascurabile della mole delle gazione di Dio nell’ultimo capitolo, quando si rivolge alassie? E, nonostante ciò, questo essere è l’autocoscienzaElifaz - «La mia ira si è accesa contro di te e contro i tuoidell’universo. In lui, nella sua ragione, la natura riprende coscienza di sé, coscienza per quel che riguarda la codue amici, perché non avete detto di me cose rette comenoscenza e il bisogno di senso e di giustizia. Al punto diil mio servo Giobbe» (Gb 42,7) - contiene un giudizioelevarsi e chiederne conto al creatore.rivoluzionario nel contesto mesopotamico dell’opera.Com’è possibile che Dio si rivolti contro quelli che pre«E allora, Giobbe ha sbagliato?», si domanda Kierketendevano di difenderlo? In un baleno, Dio demolisce lagaard: «Certamente ha sbagliato in toto, perché non siteoria della retribuzione, che legava la sofferenza degliè potuto appellare a un tribunale più alto di quello cheuomini agli errori commessi. Con questo giudizio, libera la ragione da un freno secolare e le restituisce tuttolo ha giudicato. Oppure aveva ragione? Certamente hail suo spazio naturale, quello del perché, quello della ripreso la ragione come un tempio, proprio perché sbacerca del senso.gliava davanti a Dio». La differenza fondamentale traNoi, figli di questa svolta rivoluzionaria, guardiamoGiobbe e i suoi amici sta nel fatto che l’uomo di Us »Cfr. --jorge-luis-borges-y-el-judas.html.M. Zambrano, “El libro de Job y el pájaro”, en El hombre y lo divino, Fondo de Cultura Economica, Città del Messico 2012, pp. 391-392. Ed. it., L’uomoe il divino, Edizioni Lavoro, Roma 2001.910LUGLIO/AGOSTO 201781

GIOBBEDio accetta la sfida. Raccoglie il guanto.Scende al livello della creatura, si mettealla sua altezza per ingaggiare il corpoa corpo. Si siede, non sul banco degliaccusati, ma sul banco di scuola:«Io t’interrogherò e tu mi istruirai!»» concepisce Dio come qualcuno che è vivo (l’Esserecui ogni essere è debitore), con cui ingaggia una battaglia da cui si aspetta una risposta per una domandalacerante. I tre amici di Giobbe, da parte loro, riduconoDio a una formula che spegne qualsiasi domanda.È di nuovo María Zambrano a stabilire un parallelismo con il nostro mondo occidentale. Per la scrittriceandalusa, Giobbe elabora le sue ragioni lanciandole aDio in un lamento, «queste stesse ragioni che il pensierofilosofico enuncia senza il minimo lamento, perché nonne ha motivo. Il dio della filosofia non è un “chi” ma un“che cosa” - fatto nondimeno meraviglioso -, ma nonè il dio, signore amico e avversario, quello che abbandona. Come essere pensante - nel modo tradizionale inOccidente - l’uomo non ha un dio con cui lamentarsi,un dio delle sue viscere. Le viscere furono sottomesse findall’inizio, zittite nel corso del filosofare».11Il libro di Giobbe ci riserva ancora qualche sorpresa. Prima di tutto, Dio deve rispondere alla domandasull’ingiustizia e la sofferenza, e la sua risposta, di fatto,si fa aspettare: compare soltanto alla fine, occupandogli ultimi quattro capitoli dell’opera (Gb 38-41), primadell’epilogo. Se il giudizio divino sulle parole degli amicidi Giobbe è stato sorprendente, non meno sorprendente11Ibidem, p. 396.82LUGLIO/AGOSTO 2017è il tanto atteso intervento di Dio davanti a un pubblicoche è tutt’orecchi. Potremmo aspettarci un’apertura deldiscorso tipo: «E Dio folgorò Giobbe con un fulminedalla tempesta». Sarebbe la risposta che molti attribuirebbero a Dio, specialmente quelli che riducono la Bibbia a una semplice espressione della letteratura religiosa mesopotamica. Ma allora non staremmo scrivendoquesto articolo, né la filosofia e la teodicea in Occidentesarebbero state quello che sono.Dio accetta la sfida di Giobbe. Raccoglie il guanto. Inassetto di guerra, lo invita a cingersi i fianchi (cfr. Gb38,3). Scende al livello della creatura, si mette alla suaaltezza per ingaggiare il corpo a corpo. Giobbe lo ha citato perché compaia in tribunale. Dio si siede, non sulbanco degli accusati, ma piuttosto sul banco di scuola:«Io t’interrogherò e tu mi istruirai!» (Gb 38,3). InvitaGiobbe, che nel fragore della sua difesa si era innalzatofino all’altezza di Dio, a salire in cattedra e risponderealle domande dell’Onnipotente, trasformatosi per qualche minuto in discepolo del “saggio” interrogante.Con profonda ironia comincia una serie di domande che non richiedono risposta e che dura ben quattrocapitoli. Davanti a un Giobbe che a tratti si fa piccolopiccolo, Dio sgrana tutte le meraviglie e i misteri della

LA LETTURAcreazione, domandando all’uomo di Us quale sia la suaorigine, che indubbiamente deve conoscere, data la suavolontà di chiedere modifiche alla logica divina:Quando ponevo le fondamenta della terra, tu dov’eri?Dimmelo, se sei tanto intelligente!Chi ha fissato le sue dimensioni, se lo sai,o chi ha teso su di essa la corda per misurare?Dove sono fissate le sue basio chi ha posto la sua pietra angolare,mentre gioivano in coro le stelle del mattinoe acclamavano tutti i figli di Dio? (Gb 38,4-7)al loro posto attuale provenendo da un altro luogo. «Ladivinità che appare nelle nuvole non dà nessuna risposta all’anima tormentata e la poesia sulla natura, perquanto possa essere bella e obiettiva, non può guarireun cuore ferito» (P. Volz).12 «In realtà se questi capitoli non si trovassero dove sono, nessuno penserebbe dimetterli qui» (M. Jastrow).13 «[Non vedo] niente chenon abbiano detto gli amici di Giobbe da molto tempo;[.] tre ore di scienze naturali.» (L. Steiger).14 «YHWHrisponde a questioni morali con la Fisica» (E. Bloch).15Si è arrivati addirittura a definire “irrilevante” il discorso divino: «Sembra che sia qualcosa di veramente irrilevante: è come agitare un sonaglio davanti a un bambinoche piange, per distrarlo dalla fame»(R.A.F. MacKenzie).16Chiuso questo interrogatorio - chesi prolunga fino a tutto il capitolo41 - si conclude l’intervento divino.Alcuni esegeti però si lasciano attiChe cosa ha risposto Dio alla doSechiedessimomanda sull’ingiustizia e sulla sofferare dal fatto che il discorso divino fualla genterenza dell’innocente? Risulta curioefficace per Giobbe. Gerhard von Radcome rispondeso il fatto che il libro di Giobbe siaraccoglie la reazione (perplessa) deirimasto nell’immaginario popolaresuoi colleghi e finisce con questa senDio al gridotenza: «Quello che non è tanto sicuro ècome il paradigma della sofferenzadi Giobbe, lase i contemporanei [dell’opera] abbiaingiusta. Ma se domandassimo allareazione sarebbeno avuto la stessa reazione (.). Di fatgente come risponde Dio al grido diun silenzioto, Giobbe stesso arrivò a comprendereGiobbe, la reazione sarebbe un silenimbarazzatozio imbarazzato. Qualcuno domanil significato del discorso molto più raderebbe persino: «Ma in questo libropidamente e senza tante complicazioni,Dio risponde?». Non siamo davantirispetto al lettore moderno».17 In altreparole, non è forse la nostra mentalitàa un caso di ignoranza popolare. Glimoderna a impedirci di captare la risposta che Dio dà astessi specialisti sono perplessi davanti alla “risposta” diGiobbe? Quelli che leggevano quest’opera più di duemiDio. Che senso ha rispondere con una minuziosa descrizione delle meraviglie della natura a questioni chela (o mille) anni fa, erano perplessi come lo siamo noi?riguardano la libertà nell’ordine m

Ivan, nel ruolo di Giobbe (il libro biblico che apparirà esplicitamente tra le letture favorite dello staretsZosi- ma), rifiuta di accettare le “teorie della retribuzione” che stabiliscono un legame tra il peccato e il castigo. Con i bambini non funzionano. Neppure quelle più raffinate che vedono nella sofferenza dell’innocente un .

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Banco do Brasil New York, U.S. 125 Banco do Brasil Asuncion, Paraguay 125 Banco Itau New York, U.S. 163 Banco Itau Brazil 206 Banco Itau Miami, U.S. 206, 302 Banco Lafise Costa Rica 293 Bank Hapoalim Zurich, Switzerland 250-2, 258 Bank Julius Baer & Co Zurich, Switzerland 250 Bank of America New York 192, 196, 251, 284

il Giobbe remissivo che ammette la sua insipienza di fronte a Dio dopo averne 1 Sull’origine . E che senso ha la sua sofferenza? . esso cioè una spiegazione ed un fine. Per Hegel il dolore e la morte sono una tappa nel nella . .

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Termini (a cura di), I volti di Giobbe cit., 69-80; L. Carnevale, Il caso di Giobbe tra persistenze bibliche e trasformazioni: il ruolo del Tesamentum Iobi, annali di Storia dell’esegesi 23/1, 2006, 225-256; ead., Note per la ricostruzione di tradizioni giobbiche tra Oriente e Occidente, vetera Christianorum 44/2, 2007, 225-238.

Abacuc e Geremia si pongono questo problema con umiltà e angoscia, il Secondo Isaia e Zaccaria se lo pongono con speranza, Giobbe se lo pone (e lo pone a noi) in maniera audace e umile, corag-giosa e aperta. É l'uomo che esce dalla sicurezza (e dal chiuso) delle caverne per osare un cammino .

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ABR ¼ American Board of Radiology; ARRS ¼ American Roentgen Ray Society; RSNA ¼ Radiological Society of North America. Table 2 Designing an emergency radiology facility for today Determine location of radiology in the emergency department Review imaging statistics and trends to determine type and volume of examinations in emergency radiology Prepare a comprehensive architectural program .