GIOBBE, L’IMPAZIENTE CHE SFIDA DIO A Cura Di Salvatore .

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CENTRO CULTURALE PROTESTANTE – BERGAMOStudio Biblico gennaio – febbraio 2003GIOBBE, L’IMPAZIENTE CHE SFIDA DIOa cura di Salvatore Ricciardi1. INTRODUZIONE1.1. Una favola sui generis«C'era nel paese di Uz un uomo.»: il libro di Giobbe comincia come comincia una favola. Verrebbe spontaneo leggere: "c'era una volta." Ma è una favola sui generis, inquietante: non sprona lafantasia a galoppare su un cavallo alato verso mete impossibili, non finge la realizzazione di sogniirrealizzabili. È una favola che affronta i problemi esistenziali di ogni uomo e di ogni epoca: perchéla sofferenza? e perché la sofferenza dell'innocente? a che cosa serve? a chi può servire? perchéDio rimane indifferente di fronte al male? vale la pena pregarlo? vale la pena credere comunque inqualche dio?Non per nulla, con questo libro si sono confrontati teologi, filosofi, scrittori di ogni tempo: da S.Agostino a S. Girolamo, da S. Ambrogio a S. Gregorio Magno e a S. Tommaso. per arrivare finoa Kierkegaard e Jung, a Goethe e Camus. I perseguitati e i sofferenti hanno sempre fatto di Giobbeil loro campione, e il suo monumento all'ingresso del Museo dell'Olocausto a Gerusalemme (per citare almeno una delle opere d'arte che Giobbe ha ispirato) desta un'impressione difficilmente dimenticabile.Qualcuno afferma che «il libro di Giobbe viene annoverato nella Scrittura tra i libri sapienziali», eche ciò va tenuto presente «ai fini di una corretta interpretazione. Infatti, mentre la Torah e i Profetidicono e interpretano la parola che Dio rivolge all'uomo, gli scritti sapienziali esprimono i pensieri ei sentimenti dell'uomo.»1. La collocazione di Giobbe è senza dubbio importante, e tuttavia non vasottovalutato che un punto niente affatto secondario del libro è la parola che Dio rivolge a Giobbe.Del resto, anche la letteratura sapienziale, come le altre parti della Bibbia, è importante proprio perla parola che ci trasmette da parte di Dio, pur senza tacere la parola che l'uomo indirizza a Dio, eche è talvolta una parola di contestazione: Abramo (Gen.18:23-25), Mosè (Es. 32:11-13), Geremia(20:7), Giona (4:1-3) possono darcene qualche esempio.1.2. Il tema di Giobbe come tema universaleSono diversi i poemi delle letterature antiche che affrontano problematiche simili a quella affrontatanel nostro testo. Ne citeremo soltanto qualcuno, e per sommi capi, ricordando che nei diversi commentari su Giobbe tali documenti sono riportati e commentati2.1.2.1. Dalla letteratura egiziana ci viene il Dialogo di un disperato con la sua anima (documentoche può essere datato fra il 1200 e il 1050 a.C.). Il protagonista è un tale che, considerando il fallimento totale della sua vita, medita il suicidio. A questo proponimento l'anima si oppone, per timoreche un suicida non possa avere onoranze funebri adeguate a un trapasso dignitoso. Come nel libro diGiobbe, il documento presenta una struttura dialogica. Diversamente da esso, viene presa in considerazione la possibilità del suicidio.1.2.2. Al 2000 circa, benché la forma in cui lo conosciamo vada datata al 1700, risale il Giobbe sumerico, noto anche come Lamentazione di un uomo al suo dio, nel quale troviamo come protagonista un uomo attorno al quale è stato fatto il vuoto in seguito a false accuse che lo hanno screditatodavanti al re. Nella solitudine, egli innalza a dio il suo lamento, facendosi accompagnare da alcunifamiliari e da cantori professionisti, fino a quando dio non lo ristabilisce. Come nel libro di Giobbe,1J.Rademarkers, Il libro di Giobbe. Dio, l'uomo e la sapienza, EDB, Bologna 1999, p.11.Basti ricordare, fra tutti: L.Alonso Schökel e J.L.Sicre Diaz, Giobbe. Commento teologico e letterario, Borla, Roma1985 e G.Ravasi, Giobbe, Borla, Roma 1991.2 copyright Centro Culturale Protestante - Bergamo

2la sola soluzione possibile alla sofferenza è interpellare dio. Diversamente da esso, questo documento tiene da conto il peccato congenito dell'orante e non pone neppure il problema della teodicea.1.2.3. Il poema babilonese Ludlul ben nēmeqi ( Voglio celebrare il Signore della sapienza), che sicolloca intorno al 1500, presenta anch'esso il pianto di un ricco signore feudale ammalato e abbandonato non tanto dagli amici quanto dagli dèi, che si rivelano ingrati al culto loro prestato. Quel cheva in crisi è la visione religiosa della vita, finché Marduk non interviene a liberare. Come nel librodi Giobbe, nella sventura si può solo attendere la liberazione dall'alto. Diversamente da esso, l'orante non sostiene la sua innocenza, ammettendo la possibilità che anche quel che a un uomo sembra giusto può non esserlo agli occhi della divinità.1.2.4. La cosiddetta Teodicea babilonese (1400-800) affronta il problema del male per mezzo dellaconversazione filosofica tra un angosciato e il suo amico. Le differenze rispetto al libro di Giobbesono nell'assenza di "lieto fine" e nell'itinerario contrapposto che percorrono i due. Il sofferente passa infatti dalla ribellione all'accettazione, mentre il suo interlocutore, inizialmente uomo di certezze,passa a prendere in esame la possibilità del mistero e approda infine alla ribellione.L'autore del Giobbe biblico, dunque «non ha creato dal nulla. Ha raccolto temi e motivi conosciuti,arricchendoli in modo meraviglioso. Ha unito due attitudini diverse davanti al problema. Quella checerca rifugio nella lamentazione e nella supplica. e quella che tenta di approfondire intellettualmente la questione. Il libro di Giobbe è una vetta della letteratura universale, molto superiore aqualunque altra si tenti di paragonare ad essa. Basta tenere presente la sua enorme estensione,. ildrammatismo mantenuto fino all'ultimo istante, la ricchezza della problematica»3.1.3. Prosa e poesiaCom'è noto, Giobbe presenta una cornice narrativa in prosa (1:1-2:13; 42:7-17), che racchiude unalunga tenzone poetica, costituita dai vari dialoghi di Giobbe con gli amici e dalla risposta di Dio:dialoghi che si potrebbero anche definire dei monologhi giustapposti, ma che in ogni modo costituiscono il corpo del poema. Fra la cornice narrativa in prosa e il blocco dei dialoghi in poesia si osservano non poche discrepanze.1.3.1. La tematica del libro, nella parte narrativa, sembra consistere in un conflitto fra Dio e Satana,mentre nel poema affronta certamente il problema della vita umana e del dolore che la segna, avolte inspiegabilmente.1.3.2. Giobbe, nella cornice narrativa, sembra un ricchissimo sceicco nomade, mentre nelle parti inpoesia sembra piuttosto un cittadino autorevole e influente (29:1-16). Nella cornice narrativa, è umile e sottomesso davanti alla sofferenza (1:21; 42:7), mentre la sua ribellione è l'asse portante delle parte in poesia.1.3.3. Gli amici di Giobbe, nella parte narrativa, vanno a visitarlo e restano sette giorni in silenzio(2:13). Nelle parti in poesia, danno sfogo a una irrefrenabile loquela.1.3.4. Dio stesso pare diverso. Nella cornice narrativa, appare ingenuo e superficiale: si lascia raggirare da Satana, e poi indennizza Giobbe dandogli di nuovo, oltre ai beni, altri dieci figli. Ma sipossono rimpiazzare i figli come si rimpiazza il bestiame? Invece, nel poema parla a Giobbe in unmodo che possiamo anche dire cinico e arbitrario, ma che ne fa un Dio maestoso, sovrano, schiettoe amante della schiettezza, tanto da preferire una sincera opposizione a una difesa di maniera.Un'altra osservazione che si può fare a proposito di Dio è che, nella cornice narrativa, viene sempree soltanto chiamato IHWH (il "nome proprio" del Dio di Israele, tradotto in italiano con "l'Eterno" o"il Signore"), mentre nel poema il tetragramma non viene mai usato, se non nei capitoli che riferiscono la "risposta" di Dio a Giobbe, e Dio è chiamato 55 volte 'El ( Dio), 41 volte 'Éloah (formapoetico-confidenziale del precedente) e 31 volte Shaddai ( l'Altissimo). Potrebbe quest'uso deinomi di Dio essere un indizio che l'autore (o il redattore) finale del libro ha voluto, da una parte,sottolineare il valore universale del problema, e dall'altra precisare che il Dio che sta dietro a tutta lavicenda non è un generico "essere superiore", ma l'Iddio di Israele, l'Iddio del patto?3L.Alonso Schökel e J.L.Sicre Diaz, op.cit., p.36.2

31.3.5. Discrepanze si registrano anche all'interno della cornice narrativa; ma su queste ritorneremoin seguito.1.4. Ipotesi sulla formazione del libroAssai variegato è il ventaglio delle ipotesi formulate sulla composizione del libro, che - non c'è bisogno di dirlo - è il frutto di un lungo e complesso lavoro, al quale hanno probabilmente messo mano più autori, in fasi successive. A titolo meramente esemplificativo, riassumo quella di N.H.Snaith4, che distingue tre fasi:Quella iniziale sarebbe il tentativo di raccontare una storia simile a quella del poema babilonese ricordato sopra (cfr 1.2.3.). Ne farebbero parte:- il prologo e l'epilogo, vale a dire la cornice narrativa in prosa (tema popolare di vasta diffusione),- i soliloqui di Giobbe (oggetto dei capitoli 3 e 29-31),- i discorsi di Dio (capitoli 38, 39, 40:6-41:26),- la discolpa di Giobbe (40:1-5) e la sua sottomissione finale (42:1-6).Una riflessione ulteriore avrebbe messo in luce una eccessiva "logicità" dell'insieme, e per renderlomeno scontato si sarebbero aggiunti i discorsi dei tre amici, rappresentanti e custodi dell'"ortodossa"dottrina della giusta retribuzione da parte di Dio, nonché la visione di Giobbe di un dio lontano, disinteressato alle sorti dell'uomo - o interessato per "metterlo alla prova". Il tutto condito con il cantosulla sapienza divina e la sua conclusione "Temere il Signore, questa è saggezza, fuggire il male èintelligenza" (28:28), che, letta così, somiglia un po' troppo al nostro banale "accettare per fede quelche non si capisce".Ma anche così la riflessione è insufficiente a render conto dell'abisso che separa Dio e l'uomo. Manca una figura "ponte". Ed ecco, nella terza e ultima fase, entrare in scena Elihu, il quarto amico.Però questa figura non è essenziale. Le sue tesi, piuttosto ovvie, non vengono riprese né da Dio néda Giobbe. Per questo, e anche a causa del tempo limitato del nostro corso, non lo prenderemo inconsiderazione.Tra l'altro, la figura ponte è un'altra. Può essere il "Servo del Signore" del Secondo Isaia? Può essere Gesù Cristo, di cui Giobbe, il sofferente senza motivo, è anticipazione e profezia?1.5. Ipotesi sulla data di composizioneAnche per ciò che concerne la possibile data (o il possibile periodo) di composizione, siamo di fronte a una grande varietà di opinioni. Si va dall'epoca premosaica fino al II secolo a.C., senza sorvolare sulle attinenze con la sapienza di Salomone, con l'angoscia di Geremia, col dramma dell'esilio.Per ciascuna ipotesi, sono possibili riferimenti storici, analisi stilistiche e lessicali, concezioni religiose, riferimenti con altri testi biblici. Certamente postesilica, ad esempio, è la figura di Satana.Ma tutto sommato, il libro di Giobbe si colloca, per così dire, in una dimensione sovratemporale.Esso è l'opera di un credente (o di una collettività di credenti) che non si interroga su un'epoca masu un problema, e su un problema universale: quello della sollecitudine di Dio per l'uomo sofferente. Un credente che non riconosce come assoluto nessun valore, per quanto condiviso.Abacuc e Geremia si pongono questo problema con umiltà e angoscia, il Secondo Isaia e Zaccariase lo pongono con speranza, Giobbe se lo pone (e lo pone a noi) in maniera audace e umile, coraggiosa e aperta. É l'uomo che esce dalla sicurezza (e dal chiuso) delle caverne per osare un camminoverso l'ignoto che c'è fuori: verso la luce. Questa potrà abbagliarlo, ma anche lo illuminerà.1.6. Concludendo.cederei volentieri la parola a L. Alonso Shökel, il quale sostiene che il "motivo" del libro diGiobbe «non è un'epoca o un avvenimento o un problema. É l'uomo con la sua angoscia, il suo dolore, il suo mistero. É Dio. Un Dio che scommette per l'uomo e poi lo abbandona; che si nascondee riappare nella tempesta; che ama e colpisce, accusa, perseguita, colma di beni.»5.45N.H.Snaith, The book of Job. Its origin and purpose, London 1972.L.Alonso Schökel e J.L.Sicre Diaz, op. cit., p. 85.3

42. LA CORNICE NARRATIVA2.1. La strutturaNell'Introduzione (cfr 1.3.5.) ho accennato al fatto che esistono delle discrepanze fra la cornice narrativa e le parti in poesia. Discrepanze vi sono però anche all'interno della cornice narrativa. Ecconealcune:2.1.1. Il prologo parla non solo delle sventure di Giobbe, ma anche della sua grave malattia e dellasofferenza che ne deriva (2:7). Di questa malattia non si trova alcun cenno nell'epilogo (capitolo42).2.1.2. A conclusione della vicenda, Giobbe riceve dal Signore il doppio di quello che gli era statotolto (42:10), salvo i dieci figli, che vengono "rimpiazzati" con altri dieci. Questo "doppio" ci vienedettagliatamente elencato (42:12; cfr 1:2): si tratta di precisazioni, o di un doppione redazionale?Pare poi strano che fratelli, sorelle e conoscenti di Giobbe vengano a consolarlo dopo che la sua vicenda si è felicemente conclusa (42:11), mentre non si sono fatti assolutamente vivi quando Giobbesoffriva.2.1.3. La moglie di Giobbe sembra una figura ricalcata su quella di Satana (2:8). Né l'una né l'altroricompaiono in alcun modo nell'epilogo.2.1.4. L'artefice delle sofferenze di Giobbe è Satana, però in 2:10 e 42:11 appare essere Dio stesso.Questo è il problema più grosso, e vi ritorneremo tra breve.2.2. Qualche nota al testoIl racconto in sé è di grande semplicità, e non v'è certo bisogno di parafrasarlo. Bastano pochi appunti, per soddisfare alcune possibili curiosità.2.2.1. "Giobbe" in ebraico è 'Iyyob. Le etimologie possibili sono due: la radice 'YB, che significa"essere ostile", "odiare" (in 13:24 Giobbe chiede a Dio il motivo della sua ostilità), oppure 'î-âb, chevuol dire: "dov'è il padre?", cioè: "dov'è Dio?": domanda abbastanza comprensibile nel nostro quadro.2.2.2. Giobbe è "un Orientale" che vive nella città di Uz. Non fa parte del popolo di Dio, altro indizio che egli è il modello di una persona che si può trovare dovunque e che i problemi che pone sonouniversali. Uz può essere localizzata tanto in Aram (Siria), quanto in Edom (Arabia). Però, possiamo anche tener presente una possibile derivazione da 'ETSÂH, che significa "consiglio", "sapienza".2.2.3. Giobbe è ricco in tutti i sensi. Beni, bestiame, servitù gli garantiscono un potere nello spazio.I dieci figli gli assicurano discendenza e memoria e quindi la sopravvivenza nel tempo. Indubbiamente, è un uomo pio, che non si esime dallo svolgere funzioni sacerdotali a beneficio dei suoi figli(1:5).2.2.4. Di Dio si parla come si parlerebbe di un grande re orientale, il quale siede sul suo trono, attorniato dai suoi "figli" (1:6; 2:1), cioè dai suoi dignitari, che gli riferiscono sulle situazioni dellevarie province e attendono i suoi ordini.2.2.5. "Satana" significa "avversario". La LXX traduce con διάβολος, che vuol dire "ostacolo", "inciampo". Proprio su questo bisogna appuntare la nostra attenzione, riprendendo il discorso lasciatoin aria in 2.1.4.2.3. Giobbe: l'uomo al centro di una sfida in cieloSe dalla cornice narrativa estrapoliamo i brani 1:6-12 e 2:1-7a, ricostruendo il vs. 7 con le parole:"Il Signore colpì Giobbe." (operazione che non sarebbe in disaccordo teologico con 1:21 e 42:11,e sarebbe coerente con 2:10), vale a dire: se dalla narrazione estrapoliamo il personaggio di Satana,vediamo che la narrazione stessa non ne soffre per nulla: segno che i due brani che mettono in scenaSatana possono essere di data posteriore alla struttura del racconto originario. In realtà, come già siaccennava (cfr 1.5.), Satana è una figura che compare nella cultura di Israele dopo l'esilio in Babilonia.4

5Questa figura torna utile alla teologia di Israele per spiegare l'origine del male, ma viene al tempostesso fortemente ridimensionata, per tagliare alla radice ogni ipotesi dualistica.Il dualismo è utile a dare al problema della sofferenza una risposta pienamente accettabile sul pianodella logica: vi sono due divinità opposte e contrastanti, ugualmente potenti. L'una vuole il bene,l'altra il male. La creatura umana è sottoposta ad entrambe ed è oggetto di una lotta fra le due: lottache fa registrare alterne vicende e che si conclude, è sperabile, con la vittoria della divinità "buona".Tuttavia un simile pensiero è semplicemente inaccettabile per la fede di Israele che, attraverso unlungo e tortuoso cammino, è approdato ad un assoluto monoteismo, che è stato difeso continuamente e strenuamente dai profeti contro ogni deriva idolatrica o sincretista. Lo troviamo enunciato inDeut.6:4: Ascolta, Israele: il Signore, il nostro Dio, è l'unico Signore; che si può anche leggere: IlSignore è il nostro Dio. Il Signore è uno.Ma proprio questo pone il problema. Se Dio è uno, infatti, e se questo Dio uno e unico è non solo ilLiberatore di Israele e il sostegno dei deboli, ma anche il Creatore che ha fatto buona, anzi: moltobuona ogni cosa (Gen.1:31), da dove viene il male che è nella creazione e che avvelena l'esistenzadi tanti?La Bibbia non si addentra nelle questioni che noi solitamente ci poniamo: Dio "permette" il male?Lo "permette" o lo "ammette"? e via elencando. Questioni che, come tutti sappiamo, non trovanorisposte soddisfacenti e non ci portano da nessuna parte, per quanto ci arrovelliamo su di esse, avolte con un piacere sadico o masochistico. La Bibbia afferma tre cose: (a) Dio è uno solo, ed è ilCreatore. (b) La sua creazione è buona. (c) Nella creazione si trova il male, come forza distruttricedi uomini e di cose. E se le affermazioni (a) e (b) non si accordano logicamente con (c) non c'è cheda prenderne atto.Però qualcosa si può ancora aggiungere:Questo "male" che ci avvelena la vita, che è certamente più forte e più potente di noi, tanto da fardire all'apostolo Paolo: "il nostro combattimento non è contro carne e sangue" (Efes.6:12), non potrebbe, anziché una forza misteriosa e arcana, essere, più semplicemente e più tragicamente, lasomma dell'incredulità, della ribellione a Dio, dell'egoismo di tutti e di ciascuno degli esseri viventiche hanno popolato la terra dalle sue origini ad oggi, fino a diventare in qualche modo una forza aldisopra di noi, cieca e brutale, della quale siamo tutti al tempo stesso vittime e responsabili?Non è proprio questa somma di incredulità e di egoismi, di ribellioni e di complicità, di connivenzee di opportunismi, la causa della rovina dei rapporti fra l'uomo e l'uomo, fra l'uomo e Dio, fra l'uomo e la creazione originariamente buona? Che cosa vuol dire Paolo quando ricorda che "tutta lacreazione, sottoposta alla vanità, geme ed è in travaglio", aspettando intensamente "la manifestazione dei figli di Dio" (Rom.8:19-21)? Non sottolinea forse la necessità che i "figli di Dio", i credenti,escano allo scoperto, si facciano riconoscibili con le loro opere e contrastino il male?E infine, non va dimenticato che al centro della nostra fede sta l'opera di Dio in Gesù Cristo. Dionon ha discettato sull'esistenza del male. Ne ha preso atto. Lo ha contestato sul suo terreno e lo hasconfitto. Quando ha incontrato degli "indemoniati", Gesù non ha perso tempo a discutere sull'origine e sul perché di una simile realtà. L'ha semplicemente affrontata e sconfitta con la sua Parola,che è stata una parola creatrice di vita nuova, riscattata dal potere del peccato e della morte. Di più:Gesù, il figlio di Dio, si è volontariamente sottoposto alla morte (Giov.10:17-18); come chiunquedi noi, ha attraversato quella morte che è "salario del peccato" (Rom.6:23). Ed è anche risuscitato.Ha battuto il male sul suo terreno. Lo ha battuto per se stesso e per tutte le creature di Dio. Ha fattosì che il "gemito della creazione" e il nostro gemito non rimangano inascoltati.5

63. IL PRIMO CICLO DEI DISCORSIDopo ben sette giorni di silenzio commosso, sarebbe naturale che fossero gli amici, venuti da lontano per consolare Giobbe, a prendere la parola. Invece, è Giobbe che rompe i

Abacuc e Geremia si pongono questo problema con umiltà e angoscia, il Secondo Isaia e Zaccaria se lo pongono con speranza, Giobbe se lo pone (e lo pone a noi) in maniera audace e umile, corag-giosa e aperta. É l'uomo che esce dalla sicurezza (e dal chiuso) delle caverne per osare un cammino .

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CHE 431 3 Chemical Plant Design I CHE 411, CHE 443 W CHE 432 3 Chemical Plant Design II CHE 431 S CHE 443 4 Chemical Reaction Engineering CHE 312, CHE 333 F CHE 461 3 Process Control CHE 331, CHE 332 (co), CHE 361 S ENGR 201 3 Electrical Engineering Fundamentals I MTH 252, 2nd year engr standing FWS

2. CHE 133, CHE 134 General Chemistry Lab I, II or CHE 154 Molecular Science Laboratory I 3. CHE 301, CHE 302 Physical Chemistry I, II 4. CHE 303 Solution Chemistry Laboratory 5. CHE 321, CHE 322 Organic Chemistry I, II, or CHE 331, CHE 332 Molecular Science II, III 6. CHE 375 Inorganic Chemistry I 7.

La prima parte in prosa presenta Giobbe, la sua ricchezza e la sua rettitudine (1,1-5) e quindi le prove che egli subisce a partire dalla duplice sfida lanciata al Signore da un ambiguo personaggio della corte celeste, il satàn, a proposito del motivo della sua inte-grità. Così Giobbe, in due riprese, perde tutto: i beni e i figli, e infi-

2. CHE 133, CHE 134 General Chemistry Laboratory I, II, or CHE 154 Molecular Science Lab I 3. CHE 321, CHE 322 Organic Chemistry I, IIA or CHE 321, CHE 326 Organic Chemistry I, IIB or CHE 331, 332 Molecular Science II and III 4. CHE 327 Organic Chemistry Laboratory or CHE 383 Introductory Synthetic and Spectroscopic Laboratory Techniques 5.

Termini (a cura di), I volti di Giobbe cit., 69-80; L. Carnevale, Il caso di Giobbe tra persistenze bibliche e trasformazioni: il ruolo del Tesamentum Iobi, annali di Storia dell’esegesi 23/1, 2006, 225-256; ead., Note per la ricostruzione di tradizioni giobbiche tra Oriente e Occidente, vetera Christianorum 44/2, 2007, 225-238.

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