03 - Rocca.cittadella

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RivistadellaPro Civitate ChristianaAssisiperiodico quindicinalePoste Italiane S.p.A. Sped. Abb. Post.dl 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46)art. 1, comma 1, DCB Perugiae 2.70ISSN 2498-955X031 febbraio 2017Medio Orientegrandi aspettativetempi lunghipolitica italianaperché Grillovincediseguaglianzail mondo di Davosecologiale 4 buone ragionidi Obamatribunali minorennila nuovaingiustiziasui minoriOra di religionedisciplina in crisi?femminicidio: solo perché donneTAXE PERCUE – BUREAU DE POSTE – 06081 ASSISI – ITALIEISSN 0391 – 108Xl’intervistaanche adAuschwitzc’era amicizia

Roccasommario47111315161920222526291 febbraio2017313437034042Ci scrivono i lettoriAnna PortoghesePrimi Piani Attualità4549VignetteIl meglio della quindicinaMaurizio SalviMedio OrienteGrandi aspettative, tempi lunghiTonio Dell’OlioCamineiroVa in onda lo scontro di civiltàRitanna ArmeniPolitica italianaPerché Grillo vinceRomolo MenighettiOltre la cronacaDe Mauro e la Bibbia nelle scuoleRoberta CarliniDiseguaglianzaIl mondo di DavosFiorella FarinelliFemminicidioSolo perché donneOliviero MottaTerre di vetroSul ringPietro GrecoEcologiaLe quattro buone ragioni di ObamaLaura De Rui-Paolo TartaglioneTribunali per i minorenniLa nuova ingiustizia minorileDaniele DoglioDopo referendumAspettando le elezioni futureGiuseppe Moscati (a cura di)L’intervistaAnche ad Auschwitz c’era l’amiciziaA colloquio con Piero TerracinaMarco GallizioliScienze umaneL’eredità di BaumanClaudio CagnazzoSocietàL’umana resistenza dell’eroico taccuinoGiovanni SabatoSaluteUmanizzare gli ospedali5052545657585859596060616263Paolo GiuliettiOra di religioneDisciplina in crisi? no, grazieLidia MaggiSpezzare le cateneIl male e le sue debolezzeCarlo MolariTeologiaNel cammino della nuova evangelizzazioneVincenzo RositoPostsecolareDio è veramente tornato?Stefano CazzatoPensatori controPeter SingerIl meglio possibile per il maggior numeroMauro ArmaninoMigrantiIl naufragio dell’Europa nel silenzio dell’AfricaPaolo VecchiCinemaPatersonRoberto CarusiTeatroSenso della misuraRenzo SalviRf&TvCavalli di battagliaMariano ApaArteBellini / Paolo VIMichele De LucaFotografiaRobert FrankAlberto PellegrinoSatiraGabriele GalantaraGiovanni RuggeriSiti InternetLibertà in InternetLibriCarlo TimioRocca schedeOrganizzazioni in primo pianoUnicri (Istituto internazionale delle NazioniUnite per la ricerca sul crimine e la giustizia)Luigina MorsolinFraternitàNord Kiwu: Mungu Akitaka/Se Dio vuole

L’INTERVISTAanche ad Auschwitz c’era l’amiciziaa colloquio conPiero TerracinaNa cura diGiuseppe Moscatie è intimamente persuaso: «nonè stata follia anche perché allosterminio ha partecipato genteassolutamente normale, spessocolta e intelligente. Tutta una società moderna e industriale si è mobilitataper condurre il meccanismo della ‘soluzione finale’ che avrebbe inondato di orroregran parte d’Europa e per ridurre in fumoe cenere un numero enorme di esseri umani. Non è possibile ideare Auschwitz se nonsi è preparati».È Piero Terracina (Roma, 1928) che parla,uno tra gli ultimi sopravvissuti all’infernodel campo di sterminio di Auschwitz-Birkenau. E parla soprattutto ai ragazzi dioggi, ne La vita oltre un numero, così comenel dvd Meditate che questo è stato! e neitanti dibattiti che da diverso tempo va animando nelle scuole e in incontri pubbliciall’interno del «Progetto Memoria» (1).La sua testimonianza ha una parola profonda, cordiale, invitante al dialogo.ROCCA 1 FEBBRAIO 2017 Come si presenterebbe Piero Terracinaa un ventenne di oggi?Bella domanda. Mi presenterei come unnonno, o forse anche un bisnonno, che haavuto un’esperienza devastante nel corsodella prima giovinezza, esperienza che hapoi condizionato tutto il corso della vita eche adesso gli racconta con lo scopo di tramandare la Memoria di quegli accadimenti34affinché non si ripetano mai più nel futuro.La mia attività di testimone della Shoahmi costa sempre tanta fatica e sofferenza;ma sento il dovere di dare uno scopo allamia vita. Diversamente, gli aguzzini, i carnefici, avrebbero vinto loro. Poi ho ancheun ritorno positivo: avere coscienza di averfatto qualcosa di utile per le nuove generazioni attraverso la trasmissione dellaMemoria, e il libro scritto dai ragazzi delle scuole di Corciano (Pg) Dopo il buio laluce lo dimostra (2). Stare a contatto con igiovani mi consente di poter godere dellaloro amicizia vera; mi sono vicini ed attenuano così il peso della mia età. Quale può essere il discrimine tra unaoperazione di mera ricostruzione storica di un evento tragico come quellodella deportazione e un atto di memoria attiva?Una volta lo storico David Bidussa invitòcon un suo scritto a dare più spazio allastoria rispetto alla Memoria e questo stimolò alcune mie considerazioni con una lettera pubblicata dal mensile della comunitàebraica «Shalom». Sono anni che da partedi alcuni storici viene avanzata questa istanza. Qualcuno è arrivato a dire che i testimoni non sono attendibili. Personalmente,da testimone, posso dire che non potrei maiandare con l’immaginazione oltre quelloche ho vissuto e, seppure fosse possibile,

Che significa per lei Sami Modiano?(3) E cosa Piero Terracina per lui?Ci sarebbe da scrivere tanto sul rapporto trame e Sami. Abbiamo vissuto insieme le peggiori nefandezze che un essere umano possasubire e lì, in quel luogo infame, nacque ilnostro rapporto che va al di là dell’amicizia.Direi che il nostro è un rapporto fraterno nelvero senso della parola. Quando Sami parladi me dice «mio fratello Piero» e altrettantodico di lui. Lui perse lì suo padre e sua sorellae io oltre ai miei genitori, nonno e zio anchei miei fratelli e mia sorella. Da subito, quando ci conoscemmo, ci siamo reciprocamente adottati. Siamo fratelli. Ecco cosa rappresentiamo lui per me e io per lui. Primo Levi si è pronunciato in maniera piuttosto decisa in questi termini: «C’è Auschwitz, dunque non puòesserci Dio. Non trovo una soluzioneal dilemma. La cerco, ma non la trovo». Lui, da non credente, arrivò adefinirsi addirittura «ancor meno credente dopo la stagione di Auschwitz».Non si dovrebbe peraltro mai dimenticare che la violenza attiene alla responsabilità umana.Lei come si pone di fronte alla questione del male radicale in rapportoalle più intime persuasioni?Sull’argomento sono stati scritti numerosi libri. Provo ad attenermi, con pocheparole, al mio pensiero. Dare la colpa a Diosignifica scagionare gli uomini che hannovoluto e attuato il massacro.Appartenevo ad una famiglia di credentied ero stato educato a credere. Ad Auschwitz-Birkenau dove ero rinchiuso, imomenti in cui si poteva morire eranosempre presenti. Al risveglio al mattino ladomanda che mi ponevo era se sarei arrivato a sera. E arrivato alla sera in qualsiasi momento anche della notte poteva essere chiamata la selezione: arrivavano trasporti da tutta Europa e il posto per coloro che avevano superato la selezione dell’arrivo (uno scarso 20%; tutti gli altri venivano subito ridotti in fumo e cenere), edovevano entrare nel lager, doveva esserelasciato dai prigionieri arrivati prima. Leprobabilità di dover morire erano tante edaumentavano esponenzialmente ogni volta che la selezione si ripeteva. In queimomenti io recitavo lo Shemà Israel (Ascolta Israele), la preghiera fondamentale dinoi ebrei. Sono le parole che il Signore rivolse, tramite Mosè, al popolo d’Israele riportate nel Deuteronomio. E lo recitavonon perché mi salvasse ma perché se cifosse stato un ‘dopo’ mi accogliesse. Sapevo che la fine era ineluttabile.Poi, perché dire che Dio ad Auschwitz nonc’era? Come ho già detto c’era l’amicizia ec’era anche per quanto possibile un po’ disolidarietà. E dove c’è amicizia e solidarietà c’è anche Dio.Dio ha creato il genere umano e ci ha datoil libero arbitrio. Così l’uomo può agire nelbene e nel male. Sta all’uomo fare in mododi debellare il male che è sempre presente. Il male si vede. Scrive Vasilij Grossman in Vita e destino che ciò che contraddistinguel’uomo è una sorta di «bontà sciocca» che in ultima analisi corrispondeall’«altezza a cui lo spirito umano sieleva. La vita non è il male». Cosa leprovocano queste parole che prospettano una dimensione di oltrepassamento dell’odio?Sono trascorsi più di settantadue anni e coltempo persino l’odio si attenua, anche perché oggi non saprei chi odiare. Non ho davanti a me i responsabili, non ci sono più e inipoti degli aguzzini di allora non sono aloro volta responsabili delle colpe dei nonni. Certamente non sarei stato capace di vendicarmi qualora ne avessi avuto l’occasione;lo avessi fatto sarei sceso allo stesso livellodei carnefici. Ma non mi si chieda il perdono perché io non perdono; non posso perdonare. Potrei perdonare per quello che èstato fatto a me e non lo farei, ma non possofarlo per conto degli altri; nessuno ha potuto rilasciarmi la delega. Sono stato due volte in Germania a parlare agli studenti di dueuniversità ed in una occasione mi è statochiesto perdono ed hanno espresso il loropentimento. Ho risposto che la loro richiesta rientra nella coscienza civile, attiene aduna assunzione di colpevolezza ed è giustofarla ma a livello di nazione, come la Germania di oggi ha fatto (aggiungo: moltomeno o per niente in Italia). Ho detto peròanche che i cittadini tedeschi di oggi nonsono responsabili delle colpe di allora e nonsono loro a dover chiedere perdono. ROCCA 1 FEBBRAIO 2017non ce ne sarebbe bisogno; basta e avanzaquello che ho visto con i miei occhi. E sonoanche convinto che nessuno di noi haraccontato tutto fino in fondo.I compiti dello storico e del testimone sonocompletamente diversi: il testimone finoa quando avrà voce per farlo ha il doveredi far conoscere, di gridare se necessario,a quante più persone sia possibile, tutte lenefandezze che ha vissuto e questo nonsolo per se stesso, ma anche in nome dei«sommersi», coloro che in quei tristi recinti hanno toccato il fondo dell’abisso.Lo storico deve lavorare sui documenti,deve anche cercare riscontri alle testimonianze dei sopravvissuti e poi divulgarlein modo che la Memoria diventi Storia.Lo scrittore ebreo ungherese GiorgioPressburger, che ha subìto sia la persecuzione da parte dei nazisti, sia l’invasione sovietica del 1956 nel suo Paese,ha sentito di dover richiamare la definizione che il filosofo Emmanuel Lévinasha dato di cosa può essere ‘responsabilità’: «Quando all’orizzonte della nostracoscienza appare un volto, di quel volto35

L’INTERVISTAnoi siamo responsabili», per poi chiedersiche fine faccia la responsabilità «di ciascun essere umano» in presenza di massacri, guerre e violenze di vario genere. Eallora: che fine fa, considerando i diversilivelli di coinvolgimento? Ci sono i carnefici, ma ci sono anche i complici, cisono anche gli indifferenti.Quello che mi propone è un argomento cherichiede profonde riflessioni. Non sono ingrado di rispondere a quesiti filosofici masoltanto di riflettere sulla base delle mieesperienze. Comunque ci provo.Non si può rimanere indifferenti quando ilmale è vicino a noi. Siamo responsabili dellenostre azioni ma, almeno in parte, dovremmo esserlo anche per il comportamento delnostro vicino. Ho conosciuto e ho vissuto sulla mia pelle il male estremo; ho conosciuto ifiancheggiatori, ma carnefici e fiancheggiatori erano una minoranza. All’emanazione delleleggi del fascismo contro gli ebrei il silenziodella maggioranza ha permesso tutto quelloche è avvenuto dopo, che non sarebbe avvenuto se ci fosse stata una reazione, ma la propaganda fascista diceva allora: «Mussolini hasempre ragione» e la gente ci credeva.È doveroso però ricordare che, seppuretardivamente, la reazione ci fu. Dall’Italiacirca ottomila furono i deportati di religione ebraica. Se altri trentamila sonosfuggiti alla cattura è stato possibile perché qualcuno non ebreo, spesso a rischiodella propria vita, lo ha protetto.Nella tradizione ebraica è detto: «Chi salvauna vita salva il mondo intero». Ognuno,agendo con coscienza, può salvare una vita.ROCCA 1 FEBBRAIO 2017 Il drammaturgo Jean-Pierre Thiercelin,che da tempo ragiona sulla memoria inrapporto al presente, con De l’enfer à lalune (4) ricorre al gioco teatrale, al paradosso e all’ironia per dire l’indicibile.E di recente, trattando di Auschwitz edella necessità di immaginare anche ciòche apparentemente è inimmaginabile,Giuseppe Pulina ha sostenuto con unosforzo di ironia che, se il bene è parsimonioso, il male sa come farsi avantisenza ricorrere a tanti convenevoli. Anche pellicole come Train de vie o La vitaè bella, per esempio, hanno tentato dipercorrere la strada dell’ironia, forse perun’esigenza di ‘liberazione’. Sinceramente, lei crede che l’ironia sia praticabile, auspicabile, impossibile, cosa?Mi riferisco all’ironia del film La vita è bella.Intanto non posso non ricordare che parteciparono alla sceneggiatura dando a Benigni i loro consigli di ex deportati ad Auschwitz-Birkenau persone e testimoni straordinari del calibro di Nedo Fiano e Shlomo Venezia. Il film è diviso in due parti: nel36la prima parte si fa dell’ironia non sulla Shoah ma sulle leggi razziali fasciste del 1938col merito di mettere in risalto l’assurdità diquelle leggi delle quali si è sempre parlatopoco, troppo poco e tutto l’argomento è portato in maniera direi poetica anche in parteper difendere, nel film, il bambino da quelleassurdità nefaste. Un film, si sa, è anche finzione e nella seconda parte non tutto è rispondente alla realtà di quello che era il campo di sterminio: più che renderlo visibile (sarebbe stato impossibile) lo si fa intuire.Ho un’esperienza personale sulla proiezione di La vita è bella. Quando iniziarono leproiezioni nelle sale, al cinema QuattroFontane di Roma venivano organizzate lamattina delle proiezioni riservate agli studenti delle scuole ed ero chiamato per parlare ai giovani alla fine del film. Ricordoche quando arrivavano i ragazzi erano allegri e spensierati pensando: «andiamo afarci quattro risate con Benigni». Quandoalla fine della proiezione si accendevanole luci avevano i lucciconi agli occhi. Significa che il messaggio che Benigni voleva lanciare era arrivato. Per questo ritengo che tutti i riconoscimenti che il film haavuto siano stati assolutamente meritati.Aggiungo poi che anche nelle condizionipiù estreme, per poter sopravvivere siapure per un giorno, era necessario vivereuna ‘normalità’ che non era quella del lager. Era normalità anche raccontare unabarzelletta o fare una battuta e ridere suquesta. Era normalità anche quando alcune sere Nedo Fiano, che aveva una bellissima voce, cantava per noi. E noi facevamo coro. In quei momenti per noi eracome se fossimo fuori dal lager. Serviva,serviva anche questo per sopravvivere; eraimportante. Poi dopo qualche ora tornavamo a vivere il lager con tutte le sue nefandezze ma senza quei momenti di distensione nessuno avrebbe potuto farcela.a cura di Giuseppe MoscatiNote(1) La citazione è da Anni spezzati. Storie e destini nell’Italia della Shoah, Giunti, Firenze2013², p. 9. Il volume, con testi di Lia Tagliacozzo e illustrazioni di Lia Frassineti, è statoedito nel 2009 da Giunti Progetti Educativi,Fondazione CDEC e Comunità ebraica di Romaquale frutto di una collaborazione tra GiuntiProgetti Educativi, Centro di Cultura ebraica,«Progetto Memoria» della Fondazione Centrodi Documentazione Ebraica Contemporanea edel Dipartimento Beni e Attività Culturali dellaComunità ebraica di Roma e della Federazione naz. Insegnanti sez. Roma e Regione Lazio.(2) Dopo il buio la luce. Piero Terracina incontra glialunni dell’Istituto Comprensivo «B. Bonfigli» diCorciano (libro e dvd), Morlacchi Ed., Perugia 2016.(3) Cfr., almeno, S. Modiano, Per questo ho vissuto. La mia vita ad Auschwitz-Birkenau e altriesili, Rizzoli, Milano 2013.(4) Del 2005; trad. it., Dall’inferno alla luna (Morlacchi Ed., Perugia 2016).

del campo di sterminio di Auschwitz-Bi-rkenau. E parla soprattutto ai ragazzi di oggi, ne La vita oltre un numero, così come nel dvd Meditate che questo è stato! e nei tanti dibattiti che da diverso tempo va ani-mando nelle scuole e in incontri pubblici all’interno del «Progetto Memoria» (1). La sua testimonianza ha una parola pro-

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LETTERE ai CORINZI - a cura di G. De Virgilio Edizioni Messaggero 2015 ROSANO P., Seconda Lettera ai Corinzi in Lettere di San Paolo Ed. Paoline 1976 MANZI F., Seconda Lettera ai Corinzi in Lettere di San Paolo Cittadella Editrice 2013 PENNA R., Seconda Lettera ai Corinzi in Lettere di San Paolo Ed. Marietti 1981

PE5_21 Polymer chemistry PE5_22 Supramolecular chemistry PE5_23 Organic chemistry PE5_24 Molecular chemistry UNIVERSITY of CAGLIARI Department of Physics Dipartimento di Fisica - Cittadella Universitaria, 09042 Monserrato (Ca) . collisions at the CERN LHC” (funded by Sardinia region).

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