2. FRANZ BOAS E I SUOI ALLIEVI

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F. Garimoldi – Dispense di storia dell’antropologia2 – Boas e allievi2. FRANZ BOAS E I SUOI ALLIEVINegli ultimi decenni dell’800 l’antropologia americana crebbe velocemente col moltiplicarsidelle ricerche volte ad approfondire la conoscenza delle culture dei nativi. L’entusiasmo cheaccompagnava i nuovi studi, legato in parte all’illusione di poter entrare in contatto con popolazioniancora «autenticamente primitive», richiamò progetti di ricerca anche dall’Europa. Ad uno di questiprogetti, promosso da un istituto di ricerca britannico, prese parte anche Franz Boas (1858-1942), unlinguista tedesco destinato a diventare uno dei protagonisti dell’antropologia statunitense.Le sue ricerche fra gli indigeni lo portarono a concepire il lavoro etnografico come studio disingole culture o di aree culturali particolari, generalmente ristrette, delle quali si trattava dicomprendere ogni elemento caratterizzante nella sua singolarità e nei rapporti reciproci che lolegavano agli altri e alla cultura nel suo insieme. Questa impostazione, che fu alla base dellaspedizione da lui stesso diretta negli anni 1897-1900 fra gli indigeni kwakiutl della costanordoccidentale del continente americano, segnò la nascita di un nuovo metodo di ricerca inantropologia, noto come metodo storico o Particolarismo storico, che si poneva in apertacontrapposizione rispetto al metodo comparativo degli evoluzionisti.Nel 1896 Boas pubblica I limiti del metodocomparativo dell’antropologia, opera in cui espone lapropria interpretazione del lavoro dell’etnografo.Contro agli evoluzionisti, interessati a confrontareculture diverse nell’ottica di stabilirne la rispettivacollocazione sulla linea evolutiva dello sviluppo dellaciviltà umana, Boas oppone l’esigenza di studiare leculture umane nella loro singolarità astenendosi dallecomparazioni se non dopo averne accertato lalegittimità metodologica. Come dire che da un punto divista rigorosamente scientifico non è sempre legittimoF. Boas al Museo americano di storia naturale,astrarre singoli aspetti di una cultura dal loro contestomentre mostra la «tecnica di caccia con l’arpione» degli eschimesi.complessivo per metterli in relazione con elementiapparentemente simili appartenenti a contesti culturalidifferenti. Questo perché tratti culturali che ad un’osservazione superficiale potrebbero sembrareassimilabili, appartenendo a culture differenti possono in realtà avere origini storiche e significatipsicologici totalmente diversi. Ogni elemento culturale trae il proprio significato dalla tradizione chelo ha generato e dal rapporto che lo lega al contesto di cui fa parte; se ne deduce che, secondo Boas,è impossibile tracciare una storia sistematica e uniforme dell’evoluzione della cultura umana apartire dall’analisi di alcuni elementi caratteristici (ad esempio la presenza di particolari rituali o laforma e l’utilizzo di un determinato utensile), ma ogni società umana va studiata nella propriasingolarità7.7Si noti come questa concezione di Boas, nato e cresciuto in Germania, risenta dello storicismo tedesco di fine ‘800. E’infatti del 1883 la pubblicazione della Introduzione alla scienze dello spirito di Dilthey, in cui il filosofo afferma nonsolo la dignità del metodo delle scienze umane nei confronti delle scienze cosiddette «esatte», ma anche la suaspecificità, consistente appunto nel fatto di essere scienze idiografiche (e non nomotetiche) orientate dunque allacomprensione (Verständnis) dei fenomeni studiati e non alla loro spiegazione (Erklärung) tramite leggi matematiche.10

F. Garimoldi – Dispense di storia dell’antropologia2 – Boas e allieviNel testo che segue è lo stesso Boas a chiarirci l’opportunità del metodo storico8.Non possiamo affermare che l’evento dello stesso fenomeno è sempre dovuto alle stesse cause, eche in tal modo è dimostrato che la mente umana obbedisce alle stesse leggi in ogni luogo. Dobbiamofare in modo che le cause dalle quali si è sviluppato siano ricercate, e che i paragoni siano ristretti aquei fenomeni i quali siano, per dimostrazione, effetti delle stesse cause. Dobbiamo insistere sul fattoche questa ricerca costituisce un preliminare per tutti gli studi comparativi di una certa ampiezza. (.)In breve, prima di fare studi comparativi di una certa ampiezza è necessario dimostrare che èpossibile sottoporre a paragone il materiale. (.) Abbiamo visto che i fatti non favoriscono per nullal’assunto di cui stiamo parlando; che essi tendono invece verso la direzione opposta. Pertanto dobbiamoanche considerare che tutti i tentativi ingegnosi di costruire un vasto sistema dell’evoluzione della societàhanno un valore molto dubbio, se non è fornita, contemporaneamente, una prova che gli stessi fenomenidebbono sempre aver avuto la stessa origine. Fino al momento in cui ciò non avviene, la supposizione èsempre a favore di una varietà di direzioni che lo sviluppo storico può aver assunto.Uno dei principali scopi della ricerca antropologica sarà quello di mettere a punto questo problema.Abbiamo convenuto che esistono certe leggi le quali regolano lo sviluppo della cultura umana, ed è nostrosforzo scoprirle. Oggetto della nostra ricerca è di scoprire i processi mediante i quali certi livelli di culturasi sono sviluppati. Anche gli stessi costumi e credenze non sono l’oggetto definitivo della ricerca.Desideriamo conoscere le ragioni per cui tali costumi e credenze esistono; in altre parole, desideriamoscoprire la storia del loro sviluppo. Il metodo attualmente impiegato più di frequente in ricerche di questotipo, confronta le variazioni sotto l’influsso delle quali ricorrono i costumi o le credenze, e si sforza ditrovare la causa psicologica comune che ne è alla base. Ho affermato che si deve sottoporre questo metodoad una obiezione di carattere fondamentale.Abbiamo a disposizione un altro metodo, che per certi riguardi è molto più sicuro. Uno studiodettagliato dei costumi nella loro relazione con la cultura complessiva della tribù che li pratica, incorrelazione con una ricerca della distribuzione geografica fra le tribù limitrofe, ci offre quasi sempre unmezzo per determinare con considerevole accuratezza le cause storiche le quali hanno portato allaformazione dei costumi in questione ed i processi psicologici che operavano durante il loro sviluppo. Irisultati di ricerche condotte con questo metodo possono essere triplici. Essi possono rivelare le condizioniambientali che hanno creato o modificato elementi culturali; possono chiarire fattori psicologici checontribuiscono alla formazione della cultura; o possono metterci innanzi agli occhi gli effetti che lerelazioni storiche hanno avuto sullo sviluppo della cultura.Abbiamo, con questo metodo, un mezzo per ricostruire la storia dello sviluppo delle idee con unaaccuratezza ben maggiore di quella che ci sarebbe consentita dalle generalizzazioni del metodocomparativo. Quest’ultimo deve sempre procedere da un tipo di sviluppo ipotetico, la probabilità del qualedeve essere soppesata, più o meno accuratamente, per mezzo di dati osservati. Ma, finora, non ho ancorvisto alcun ampio tentativo di provare la correttezza di una teoria, dimostrandola alla luce di sviluppi collecui storie abbiamo familiarità. (.)La sua applicazione [del metodo storico] si basa innanzitutto su un piccolo territorio geografico bendefinito, e le sue comparazioni non si estendono oltre i limiti dell’area culturale che forma la base dellostudio. Solo quando si saranno ottenuti precisi risultati concernenti quest’area sarà ammissibile estenderel’orizzonte oltre i suoi limiti, ma si dovrà avere la massima cura di non procedere con questo sistema inmodo troppo affrettato, poiché diversamente, l’affermazione fondamentale che ho in precedenzaformulato, potrebbe essere trascurata; vale a dire che quando troviamo singoli tratti analoghi di cultura trapopoli lontani fra loro, non vale la congettura che vi sia stata una comune origine storica, ma quella cheessi sono sorti separatamente. Pertanto la ricerca deve sempre esigere una continuità di distribuzione comeuna delle condizioni essenziali per dimostrare la connessione storica, e la supposizione di anelli dicollegamento perduti deve essere applicata con la maggior moderazione possibile. Questa chiaradistinzione fra i vecchi e i nuovi metodi storici tuttora è spesso trascurata dai difensori appassionati delmetodo comparativo. Essi non apprezzano la differenza fra l’uso indiscriminato di somiglianze di culturaatte a dimostrare una connessione storica e lo studio accurato e lento dei fenomeni sociali.8F. Boas, I limiti del metodo comparativo in antropologia, 1896, trad. in L. Bonin e A. Marazzi, Antropologia culturale,Milano 1970, pp. 131-33.11

F. Garimoldi – Dispense di storia dell’antropologia2 – Boas e allieviCome linguista, Boas dedicò gran parte della sua attività alla raccolta di materiali di lingueamericane in via di estinzione contribuendo alla compilazione della grammatiche amerindiane eprendendo posizione su importanti problemi linguistici quali il rapporto fra lingua e razza, laclassificazione delle lingue, il rapporto fra linguaggio e pensiero e tra lingua e cultura. Significativain questo senso è la monografia sui nomi geografici dei Kwakiutl in cui, attraverso l’analisi dellatoponomastica indigena, Boas ricostruisce la visione dello spazio e tutto il mondo, reale e mitico, diquesta popolazione (Razza, linguaggio e cultura, 1936). Il lavoro di Boas diede inizio a quel rapportofra ricerca antropologica e studio dei fenomeni linguistici che vede fra suoi più importanti esponentiB. Malinowski, E. Sapir, R. Lowie, A. L. Kroeber e B. L. Whorf.Un altro degli aspetti particolari della cultura dei Kwakiutl studiatoda Boas è il potlatch, un complesso di attività cerimoniali messe in attodagli indigeni dell’isola di Vancouver allo scopo di definire, confermareo accrescere il proprio prestigio all’interno della comunità. La relazionefra i valori culturali di un popolo e il loro grado di condivisione, da unlato, e, d’altro canto, il tipo di visione del mondo e di personalità che adessi corrispondono, così come emergono dalle analisi di Boas, costituirono il punto di partenza per la scuola antropologica di Cultura epersonalità che nacque proprio ad opera di alcuni allievi di Franz Boas.Il brano seguente, illustrando il significato del potlatch, indirettamente ci fornisce ancheinformazioni interessanti per capire una mentalità tanto diversa dalla nostra9.E’ necessario descrivere il modo in cui il rango sociale viene acquisito. Questo consiste nel potlatch,o distribuzione di proprietà. (.)Il possesso della ricchezza è considerato onorevole e lo scopo di ogni indiano è quello di accumulareuna fortuna. Ma non è tanto il possesso di ricchezza, quanto piuttosto la possibilità di dare grandi feste ciòche fa della ricchezza l’oggetto delle aspirazioni degli indiani. Quando un ragazzo giunge all’età in cuiprende il suo secondo nome e acquisisce lo stato di adulto per mezzo di una distribuzione di beni, i quali neltempo gli ritorneranno con l’interesse, il nome dell’individuo acquista maggior peso nei consigli della tribù,ed una maggiore fama tra la gente tutta nella mistura in cui egli è in grado di distribuire quantità sempremaggiori di beni in feste successive. Di conseguenza ragazzi e adulti gareggiano fra loro per organizzaregrandi distribuzioni di beni. (.)La rivalità tra capi e clan ha la sua manifestazione più rilevante nella distruzione dei beni. Un capobrucerà coperte, una canoa, o romperà un rame10, indicando così il suo distacco nei confronti della proprietàdistrutta e mostrando che il suo spirito è più forte, e il suo potere maggiore di quello del rivale. Sequest’ultimo non è in grado di distruggere la stessa quantità di beni entro breve tempo, il suo nome sarà«spezzato». Sarà vinto dal suo rivale e la sua influenza nella tribù verrà perduta, mentre il nome dell’altrocapo acquisterà, per contro, maggiore fama.Anche le feste possono essere considerate come distruzioni di beni, in quanto il cibo offerto non potràesser reso se non dando un’altra festa. Il tipo di festa più dispendiosa – chiamata «festa del grasso» – èquella in cui viene consumata e bruciata una enorme quantità di olio di pesce. Pertanto anch’essacontribuisce ad elevare il nome di chi può permettersi di darla, e mancare di ricambiarla in tempi brevicomporta una forte perdita di prestigio. Ancor più temuta è la rottura di un rame di valore. Un capo puòrompere un rame e dare le parti rotte di esso al suo rivale. Se quest’ultimo tiene a conservare il proprioprestigio, deve rompere un rame di uguale valore o superiore e dare tanto il suo rame spezzato quanto iframmenti ricevuti in un primo tempo dal suo rivale. Quest’ultimo allora può pagare per il rame che ha così9F. Boas, The Social Organization and the Secret Societies of the Kwakiutl Indians, Report of the U. S. NationalMuseum for 1895, Washington 1897; trad. di U. Fabietti, in id., Storia dell’antropologia, Bologna 2001, p. 260.10Si tratta di tavole di rame sbalzato e modellato che hanno la stessa funzione delle banconote di grosso taglio nellenostre società. Il valore in senso stretto di ogni pezzo è piccolo, ma serve a rappresentare un gran numero di coperte, epuò essere venduto solo in cambio di esse.12

F. Garimoldi – Dispense di storia dell’antropologia2 – Boas e allieviricevuto. (.) Alla fine qualcuno riesce a comprare tutti i frammenti, i quali sono nuovamente rimessiinsieme facendo sì che il rame acquisti un valore ancora maggiore. Dal momento che il rame spezzatoindica il fatto che il possessore ha distrutto dei beni, gli indiani sono orgogliosi di possederlo.Alfred KROEBERAlfred Kroeber (1876-1960) fu il primo studente di antropologia a laurearsi sotto la guida diFranz Boas e il principale esponente del Diffusionismo americano.Il Diffusionismo è un indirizzo di ricerca che pone al centro dei propri interessi l’individuazione delle aree di distribuzione delle diverse culture. Attraverso l’analisi di determinati aspetti di unsistema culturale, come possono essere un rituale di iniziazione, una tecnica di caccia piuttosto chespecifiche credenze religiose, gli antropologi tentano di determinare i contatti e i prestiti reciprociavvenuti in passato o tuttora in corso fra società diverse. Si tratta di un tentativo mosso dall’esigenza,molto viva alla fine del XIX secolo, di catalogare e sistematizzare secondo criteri coerenti l’enormemassa di dati etnografici provenienti dalle società indiane degli Stati Uniti verso le quali, come si èvisto, si era indirizzato un numero considerevole di ricercatori in altrettante spedizioni.L’esigenza di mettere ordine in questa abbondanza di materiale si coniuga, in Kroeber, con unodegli insegnamenti ricevuti dal maestro Franz Boas: la necessità di prestare attenzione all’individualità delle singole culture, astenendosi da facili generalizzazioni, tanto più audaci e affascinanti quantomeno sostenibili dal punto di vista scientifico.Kroeber formula così il concetto di area culturale, per indicare un’area geografica all’internodella quale siano presenti determinati tratti culturali. Schematizzando, l’idea è che la popolazione chesi trova più o meno al centro di questa area sia quella a partire dalla quale quegli specifici elementiculturali si sono diffusi, influenzando anche popolazioni vicine. In questo modo, determinando ladistribuzione dei tratti specifici delle varie culture sarebbe stato possibile, nel progetto di Kroeber,classificare le rispettive società: più frequenti occasioni di contatto e scambi, maggiore diffusione deitratti considerati e più elevata affinità culturale.Sulla base di questi presupposti, i diffusionisti europei si proposero una ricostruzione globaledei processi di diffusione delle culture umane, tentativo, questo, che suscitò tuttavia anche molteperplessità e riscosse numerose critiche. In generale, oggi gli studiosi sono concordi nel riconoscereil fenomeno della diffusione dei tratti culturali, ma non si ritiene più che la contiguità di residenza sial’unica o la principale causa della variabilità culturale. Fenomeni altrettanto determinanti in questosenso sono infatti ad esempio le migrazioni di popoli, in seguito alle quali il centro di un’areaculturale può mutare considerevolmente, di fatto non consentendo più di individuare con i criteriproposti da Kroeber la popolazione presso la quale determinati tratti culturali hanno avuto origine.Oltre al diffusionismo, di Kroeber ricordiamo l’idea della natura superorganica della cultura,espressa in Il superorganico (1917), in cui l’autore, proseguendo le critiche di Boas all’evoluzionismo, prende posizione contro il darwinismo sociale che all’epoca trovava una certa diffusione negliStati Uniti.Applicando alle culture umane il concetto darwiniano di evoluzione e selezione naturale, ildarwinismo sociale sosteneva che all’affermarsi di una cultura corrisponde una superiorità biopsicologica dei suoi membri. Fu sulla base di queste teorie, ad esempio, che in quegli anni gli StatiUniti attuarono una politica di forte contenimento dell’immigrazione, rifiutandosi di accoglierepersone appartenenti a razze ritenute biologicamente inferiori.13

F. Garimoldi – Dispense di storia dell’antropologia2 – Boas e allieviA queste idee Kroeber oppone la tesi secondo cui non esiste un rapporto di continuità diretta frail livello dei fenomeni biologici e il livello culturale, per cui i fenomeni culturali non sarebbero pernulla spiegabili sulla base di condizioni organiche, ma solo a partire da altri fatti culturali.LA SCUOLA DI CULTURA E PERSONALITA’La Scuola di Cultura e personalità è un indirizzo di studi che si afferma negli Usa a partiredagli anni Venti del ‘900.Fortemente influenzati dall’insegnamento di Boas, secondo cui lo studio di una cultura nellasua singolarità permette di evidenziare una stretta connessione fra i valori che quella società esprimee la dimensione psicologica di chi quei valori condivide, gli studiosi di Cultura e personalitàcondividono l’idea che ogni cultura costituisca un tutto, coerente al proprio interno, e che esercitiun’influenza decisiva nella formazione della personalità individuale dei suoi membri. Per effetto diquesta influenza, ogni soggetto facente parte di una certa società, nonostante le variazioniindividuali, si troverebbe a condividere con gli altri membri del gruppo alcune strutture psicologichecaratteristiche della cultura di appartenenza (definite da Abram Kardiner, 1891-1981, «personalitàdi base»).Ruth BENEDICTUna delle figura più significative della scuola di Cultura epersonalità fu Ruth Benedict (1887-1948). Allieva di Boas, da cui ereditòla propensione a guardare le culture umane come un tutto organico, si unìalle critiche che già negli anni Venti venivano mosse a coloro che siinteressavano alla distribuzione dei tratti culturali.Procedere secondo il metodo proposto da Kroeber presuppone che siconcepisca la cultura come un’aggregazione di elementi fra loro isolati,ma questo modo di vedere non sembra adeguato a Ruth Benedict, la qualeosserva invece come l’aspetto e il significato di un certo tratto culturalepossano variare da una società all’altra in base alla presenza, in esse, dialtri elementi con cui quel tratto entra in relazione. La cultura va intesaquindi piuttosto come una «configurazione» di elementi (da qui il termine Ruth Benedict nel 1937.«configurazionismo» con cui venne anche denominata questa prospettiva),in cui l’insieme complessivo non coincide semplicemente con la somma delle parti che lo compongono, ma presenta un valore aggiunto: con la terminologia odierna diremmo che la cultura ha icaratteri di un sistema.Benedict sviluppa questa idea in Modelli di cultura (1934), dove approfondisce lo studio dellarelazione esistente fra il modello culturale caratterizzante una determinata società e i suoi svariatielementi particolari. La funzione del modello sarebbe quella di conferire una connotazioneparticolare a tutti i tratti che gli appartengono, siano essi per

8 F. Boas, I limiti del metodo comparativo in antropologia, 1896, trad. in L. Bonin e A. Marazzi, Antropologia culturale, Milano 1970, pp. 131-33. F. Garimoldi

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